Gli incontri al vertice in Europa possono essere terribilmente banali, e al tempo stesso confermare in modo straordinario le differenze culturali tra i paesi. Ieri sera, qui a Riga, la cancelliere tedesca Angela Merkel e il presidente francese François Hollande hanno incontrato dopo cena, per circa tre ore, il premier greco Alexis Tsipras. L’incontro, che doveva tentare di sbloccare le trattative tra Atene e Bruxelles in vista di nuovi aiuti finanziari al paese mediterraneo in grave crisi economica, è avvenuto al primo piano di un albergo della capitale lettone sul fiume Daugava. L’hôtel è impersonale. Marmo al pavimento, specchi sui muri. Nulla a che vedere con la grandiosità settecentesca dell’Eliseo a Parigi, la funzionalità moderna della Cancelleria a Berlino o l’eleganza neoclassica di Villa Maximos ad Atene. I tre statisti si sono chiusi in una saletta con i loro consiglieri e i loro interpreti verso le 11 di sera, mentre alcuni camerieri portavano loro bicchieri e bevande. Fuori dalla porta di vetro l’entourage dei tre: diplomatici, assistenti, fotografi ufficiali, guardie del corpo, militari in divisa. I tedeschi erano seduti a un tavolino, quello più vicino alla porta dietro alla quale si svolgeva l’incontro che doveva servire a salvare la Grecia, o almeno così speravano i più ottimisti. I francesi, apparentemente più numerosi, facevano capannello in un’altro punto di un ampio mezzanino circondato dalle camere d’albergo. I greci, più rumorosi, erano riuniti in un altro punto della sala. Chi non aveva trovato posto su una sedia o una poltrona, si era seduto a penzoloni su un tavolo. Sarà stata la stanchezza sui visi delle persone, la luce fioca proveniente dai lampadari appesi al soffitto, il marmo freddo e lucido delle pareti dell’hôtel, ma l’atmosfera era particolarmente malinconica. Mi ha ricordato per certi versi alcune scene di Killing Fields, il film che racconta la presa di Phmon Penh da parte dei Khmer Rossi e l’esperienza di decine di occidentali rifugiati alla bell’e meglio nell’ambasciata francese della capitale cambogiana, drammaticamente consapevoli della fine di una epoca. La crisi greca è certamente il riflesso di un paese alla deriva, incapace finora di accettare le regole di una unione monetaria, penalizzata probabilmente dalla sua cultura bizantina così lontana da quella di altri paesi della zona euro. Ma è anche a modo suo l’esempio forse più vivido della solidarietà europea. Il paese gode di prestiti internazionali per un totale di 240 miliardi di euro. Eppure ieri sera qui a Riga le tre delegazioni non si mescolavano l’una con l’altra, tenendosi a debita distanza. Neppure i rappresentanti del tanto declamato motore franco-tedesco sembravano avere molto da dirsi. Molti di questi incontri europei hanno perso nobiltà ed eleganza. Può dispiacere. In fondo, però, è anche il risultato della grave situazione in cui versa la Grecia, che ha imposto incontri al vertice a ripetizione, così come della consuetudine di rapporti tra i leader nazionali. Peccato che mentre gli statisti dinanzi alle telecamere si baciano e si abbracciano, le delegazioni in attesa fuori da una riunione si ignorano visibilmente. A chi dobbiamo credere? Quando i tre leader hanno terminato la loro riunione, all’1 di notte, diplomatici e assistenti si sono dispersi, ciascuno per la propria strada.
(Nella foto, una immagine del mezzanino dell’albergo Radisson Blu Daugava di Riga nella notte tra il 21 e il 22 maggio 2015. Al di là della porta si stavano incontrando la cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente francese François Hollande e il premier greco Alexis Tsipras)