Quest’anno le celebrazioni moscovite per il 70mo anniversario della fine della Seconda guerra mondiale, il prossimo 9 maggio, sono fonte di nervosismo e di imbarazzo in molti paesi dell’Unione europea. Andare o non andare a Mosca ad assistere alla celebre parata militare davanti al Cremlino e al Mausoleo di Lenin? La domanda non è banale, sulla scia dello sconquasso ucraino e dell’influenza russa nella crisi del paese. Assistere o meno alla parata militare sulla Piazza Rossa è una scelta politica significativa, tanto più che in piena crisi economica, la dirigenza russa vorrà utilizzare le manifestazioni anche per rafforzare la popolarità del presidente Vladimir Putin, cavalcando lo spirito nazionalista nel paese.
Proprio in questi giorni a Mosca è aperta al pubblico una mostra intitolata Sulla strada della vittoria, e dedicata alle battaglie contro l’occupante nazista in Ucraina nel 1943. Il governo russo dice di avere invitato alle celebrazioni i governanti di 68 paesi, oltre che i vertici delle Nazioni Unite, dell’Unione europea, dell’UNESCO e del Consiglio d’Europa. La questione è stata discussa tra i Ventotto, ed è stato deciso che la scelta verrà fatta dai singoli paesi. Ufficialmente perché la questione non è di quelle che impone una posizione comune. Più probabilmente perché trovare l’unanimità sarebbe stato complicato. Per molti governi, respingere l’invito è stato una scelta facile. Così hanno fatto la Gran Bretagna, e molti paesi dell’Europa dell’Est. Vedono nella Russia una minaccia politica, se non militare, e hanno nella crisi ucraina assunto posizioni molto dure, promuovendo sanzioni economiche contro la Russia e accusando il paese di avere fomentato la guerra civile a Kiev. Per altri governi, la decisione è più complicata. Spiega un funzionario europeo: “Al momento, non c’è stata una condivisione (delle diverse posizioni nazionali, ndr), di chi va e chi no (…) È stato sottolineato che le storie nazionali condizionano l’approccio alla ricorrenza”. Secondo il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov, in una trascrizione datata 18 marzo di una riunione tenuta al Cremlino, ad avere accettato l’invito sono stati finora Cipro, la Grecia e la Slovacchia. Tra i paesi dell’allargamento prossimo e venturo, hanno annunciato la loro presenza, sempre secondo Lavrov, la Serbia, il Montenegro e la Macedonia. Il presidente ceco Milos Zeman sarà anche lui a Mosca. In una intervista alla Radio Frekvence 1, quest’ultimo ha spiegato: “Sarò a Mosca per esprimere la mia gratitudine per il fatto che non siamo costretti a parlare tedesco nel nostro paese, e non dobbiamo salutarci con un Heil Hitler!”. Zeman ha spiegato che 150mila soldati sovietici sono caduti nella guerra per liberare l’allora Cecoslovacchia dall’occupazione tedesca. A dispetto di quanto affermato da Lavrov, il primo ministro slovacco Robert Fico sta ancora riflettendo sul daffarsi. Il 20 marzo, ha riassunto in questo modo il suo dilemma: “Quale differenza c’è tra un soldato caduto in Normandia e un soldato caduto in Slovacchia?”. Evidentemente, a Praga o a Bratislava, l’occupazione tedesca tra il 1939 e il 1945 continua a segnare la memoria nazionale, apparentemente più della dominazione sovietica tra il 1945 e il 1989. In una mostra organizzata nel 2004 dalla Fondazione Haus der Geschichte der Bundesrepublik Deutschland di Lipsia e intitolata Nähe und Ferne – Deutsche, Tschechen und Slowaken, la stessa Germania aveva sottolineato la violenza delle truppe tedesche in Cecoslovacchia durante la Seconda guerra mondiale, in particolare ricordando il massacro di Lidice, quando 172 uomini furono uccisi in rappresaglia per l’assassinio del gerarca nazista Reinhard Heydrich nel 1942. Anche la Finlandia, che con la Russia ha una frontiera di oltre 1.300 chilometri, si è posta il problema se partecipare alle celebrazioni. Citando “il conflitto ucraino e la situazione internazionale”, il presidente Sauli Niinisto ha finalmente annunciato che non si recherà a Mosca. Si può presumere che la presenza di Cipro e Grecia sia legata ai tradizionali legami con Mosca, economici, politici e religiosi. Nei più recenti colloqui tra i ministri degli Esteri dei Ventotto, l’Alto Rappresentante per la Politica estera e di Sicurezza Federica Mogherini ha suggerito che eventuali delegazioni a Mosca “non comprendano addetti militari in uniforme per evitare di dover salutare non solo le truppe russe in Crimea, ma anche la bandiera della Crimea”, spiega il funzionario comunitario, riferendosi alla penisola ucraina annessa alla Russia nel 2014. “Non è stata presa una decisione formale – precisa – ma la cosa ha trovato un certo consenso iniziale”. A conferma della delicatezza della scelta di molti europei, non c’è dubbio che il Cremlino voglia utilizzare le celebrazioni di quest’anno con un occhio agli equilibri di politica estera. Oltre a organizzare speciali manifestazioni con il nuovo alleato cinese in occasione del 9 maggio, il governo russo ha invitato a Mosca veterani ucraini e israeliani della “Grande guerra patriottica”. Secondo il governo russo, nella sola Russia ci sono ancora due milioni e mezzo di veterani della Seconda guerra mondiale.(Il filmato ritrae le celebrazioni per la vittoria dell’Unione Sovietica nella Seconda guerra mondiale. La parata si tenne un mese e mezzo dopo l’armistizio, il 24 giugno 1945, un giorno piovoso e triste. Queste sono le prime immagini sovietiche a colori di un grande avvenimento pubblico. Ho inserito nel testo di questo articolo la versione del video in russo, ma il lettore troverà a questo indirizzo la versione in inglese)