In febbraio, durante un incontro con degli investitori a Londra, il ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis avrebbe definito il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi “a fool”, vale a dire uno sciocco, secondo la definizione dello Zingarelli, perché avrebbe deciso di optare per l’acquisto di debito sui mercati troppo tardi e troppo poco. L’episodio non ha ricevuto conferma. Per certi versi, poco importa. La voce dà la misura del cattivo rapporto, segnato da sospetti e sfiducia, che si è instaurato tra il governo greco e l’establishment europeo, ed è indicativo delle difficili trattative delle prossime settimane. Riassume un ex alto responsabile greco e osservatore della vita politica del suo paese: “Da qui a fine aprile, il governo Tsipras deve negoziare con i suoi creditori un preciso programma economico da adottare nei prossimi quattro mesi per poter chiudere il memorandum e ricevere nuovi aiuti finanziari. Saranno trattative molto, molto difficili”. Dai negoziati dipendono almeno 7,2 miliardi di euro in nuovi prestiti. A pesare saranno oltre alle scelte controverse politiche, la situazione economica, peggiorata negli ultimi mesi; il rischio di stretta finanziaria; le tensioni politiche in Grecia. Iniziamo dalla situazione economica. Nell’ultimo trimestre del 2014, l’economia greca è tornata a subire una contrazione dell’attività economica, dopo un inizio anno positivo. Il deficit commerciale è aumentato a 1,8 miliardi di euro, dai 756 milioni dello stesso periodo del 2013. I deflussi dai depositi bancari hanno subito una netta accelerazione. Nei conti correnti greci c’erano in gennaio 148 miliardi di euro, tanti quanti nell’agosto 2005, secondo la Banca centrale greca. Nel solo mese di marzo il governo greco deve rimborsare ai suoi creditori, tra i quali il Fondo monetario internazionale, 7,27 miliardi di euro, di cui 4,60 miliardi di euro in Buoni del Tesori. L’impegno è complicato non solo dal calo del gettito fiscale (del 40% rispetto agli obiettivi, secondo economisti di mercato), ma anche dal tetto che la BCE ha imposto alle emissioni di titolo a breve termine: non più di 15 miliardi di euro. In queste circostanze, trovare un rapido accordo con i creditori è impellente, pur di ridare fiato alle casse dello Stato. Il problema naturalmente è che la partita è difficile. I creditori internazionali chiedono una politica economica rigorosa e risultati concreti (non solo la Germania o l’Olanda, ma anche la Spagna o il Portogallo). Per il governo Tsipras non sarà facile. Ha fatto campagna elettorale, promettendo di rivedere la strategia seguita finora. Ha promesso aumenti salariali, nuove assunzioni nell’amministrazione pubblica, una ritrutturazione del debito pubblico, così come l’annullamento di molte privatizzazioni. Nella dichiarazione firmata venerdì 20 febbraio con i creditori internazionali, Varoufakis promette “la chiusura del programma sulla base dell’attuale quadro”, “l’inequivocabile impegno ad onorare pienamente e tempestivamente gli obblighi finanziari della Grecia”, e di evitare “qualsiasi annullamento o azione unilaterale” riguardo le scelte di politica economica. Già oggi, una parte del partito della sinistra radicale Syriza rumoreggia, accusando il premier Alexis Tsipras di avere tradito le promesse elettorali. Molti deputati non si sono riconosciuti nella prima bozza di programma di riforme, che il governo greco ha inviato a Bruxelles martedì 24 febbraio, e che sarà oggetto di negoziati. L’esecutivo ha in Parlamento una flebile maggioranza; la partita sarà impegnativa. Un aspetto su cui Atene e Bruxelles hanno però posizioni simili è il desiderio di lottare contro la corruzione politica e l’evasione fiscale. Osservatori greci mettono l’accento su due interrogativi: la reale volontà del governo di aggredire questi problemi; e la sua capacità a raggiungere gli obiettivi prefissati. Sul primo frangente, c’è relativo ottimismo. Sul secondo, c’è prudente cautela. Lottare contro gli evasori significa da un lato puntare contro gli armatori e i grandi imprenditori; e dall’altro prendere di mira i professionisti e le piccole società. Sul primo fronte, la battaglia non sarà facile perché l’establisment degli armatori (non decine ma centinaia di persone) ha creato nel corso degli anni una rete di filiali internazionali, attraverso le quali sposta fatturato e benefici, rendendo il lavoro delle autorità greche se non impossibile almeno molto complesso. Sul secondo versante, la partita è complicata dalla scelta dello stesso governo Tsipras di aumentare il livello esentasse del reddito (oggi a 5.000 euro). Spiega l’ex alto responsabile greco: “Nel scegliere questa strada un po’ populista si permette a molti di rimanere fuori dal radar delle autorità greche. Sarebbe stato meglio imporre a tutti un pagamento anche minimo delle imposte, riducendo le aliquote, in modo da consentire un controllo a tappeto dei contribuenti”.
(Nella foto, Yanis Varoufakis, 53 anni, il nuovo ministro delle Finanze greco)