C’era un tempo quando gli emigrati italiani non vedevano l’ora di tornare nella madre patria per trascorrere gli ultimi anni della vita nel paese natio. Erano partiti per la Germania o il Belgio e poco alla volta con il denaro accumulato all’estero avevano costruito una casa nel paese di origine in vista della pensione.
Non è più così. O meglio, l’Italia è diventata un paese di emigrazione non solo dei più giovani, ma anche – incredibilmente – dei più anziani.
Da tempo sentiamo parlare di persone che giunta l’età della pensione hanno deciso di trascorrere la vecchiaia all’estero, ma le informazioni erano per lo più aneddotiche. Un rapporto dell’INPS pubblicato qualche settimana fa ha dato al fenomeno la forza dei numeri.
Tra il 2011 e il 2019 il numero di pensionati italiani che si trasferiscono all’estero è aumentato in modo continuo, scrive l’Istituto nazionale della previdenza sociale. La cosiddetta linea di tendenza “mostra una crescita costante dell’indicatore, che passa da circa 10 a oltre 20 emigrati ogni 100 mila pensionati”.
Tra i motivi citati dall’INPS vi sono “condizioni fiscali più vantaggiose”, un “clima più favorevole”, una “qualità della vita superiore”. Nel 2024, secondo i dati dell’istituto, l’Italia contava 228.600 pensionati all’estero, di cui 37.825 avevano compiuto l’intera vita professionale in Italia.
Dopo una carriera a Milano nel mondo della consulenza, Andrea, 74 anni, è residente in Svizzera romanda dal 2016: “Premetto che mia moglie ed io non ci siamo trasferiti in Svizzera per motivi fiscali. In ultima analisi in questo paese l’onere fiscale non è molto diverso da quello italiano. Più che altro apprezziamo la qualità della vita e dei servizi”.
L’INPS parla di “tendenza consolidata”, anche se ammette che la scelta di trasferirsi all’estero è comunque minoritaria. Nel 2003 le donne rappresentavano il 60% della popolazione pensionata emigrata, mentre oggi sono gli uomini a costituire la maggioranza (il 61% nel 2023).
Il caso del Portogallo è noto. Per anni il governo portoghese ha attirato stranieri offrendo condizioni fiscali particolarmente vantaggiose. Secondo l’anagrafe italiana dei residenti all’estero, i residenti in Portogallo sono saliti da 4.955 nel 2012 a 20.166 nel 2022.

Dopo una vita professionale tra Firenze, Roma e Milano, Marco, 67 anni, vive a Lisbona dal 2017: “Molti italiani pensionati sono qui probabilmente per motivi fiscali. Il mio percorso invece è diverso. Avevo sempre avuto il desiderio di imparare il portoghese e di vivere all’estero. In questo senso, mi sono integrato molto bene. Il paese è molto accogliente, e i servizi pubblici funzionano (…) Lisbona è ricca di ospedali privati che sono accessibili con le tante assicurazioni offerte dal mercato”.
Altri paesi stanno attirando nuovi pensionati, come la Grecia, la Slovacchia o la Tunisia. Quest’ultimo paese ha visto il numero di residenti italiani salire da 3.537 a 6.974, tra il 2012 e il 2022. Scrive l’INPS: “La Tunisia (…) sembra rappresentare una meta strategica per pensionati autosufficienti e autonomi, attratti dal basso costo della vita e da condizioni fiscali vantaggiose”. Anche il caso albanese è notevole: il numero di emigrati per 100mila pensionati residenti in Italia è salito da 2 nel 2021 a più di 20 nel 2023.
Come detto, l’INPS nota che i motivi del trasferimento sono numerosi.
Da Sion, Andrea cita – oltre alla qualità della vita – anche “una disaffezione” nei confronti dell’Italia: “Potrà suonare strano, ma la società svizzera è più inclusiva, meno ineguale (…) C’è da parte mia un sentimento di delusione nei confronti di un paese ripiegato su sé stesso e nel quale sono pochi gli esponenti della classe politica che ci ispirano (…) In molti casi i pensionati, dopo una vita professionale in contesti dove si sono sentiti almeno alla pari con tanti colleghi e controparti stranieri, si sentono migliori del loro paese, un po’ come quelle società quotate che hanno un rating più elevato del paese in cui hanno sede”.
Leggendo tra le righe delle interviste fatte per questo articolo emerge un sentimento di fastidio nei confronti della crescente amoralità del paese, e della sua classe dirigente (non solo politica) che moltiplica i balzelli, permette di fatto a milioni di cittadini di non pagare le imposte, propone loro condoni e rottamazioni, utilizza una fetta consistente del gettito fiscale per oliare antichi meccanismi clientelari, penalizza produttività e meritocrazia a favore delle lealtà di clan (anche nel privato), e per contro offre servizi pubblici spesso scadenti.
Conferma Marco, da Lisbona: “Ho già detto che il Portogallo è molto accogliente. Non credo che si possa dire la stessa cosa dell’Italia di oggi (…) Mi vengono in mente i talkshows che sono un litigio continuo, a differenza di quelli in questo paese dove sono meno numerosi e nei quali i partecipanti non si interrompono a vicenda in continuazione. Insomma, i talkshows in televisione incidono sul clima generale”, e contribuiscono, aggiungo io, al malessere italiano.
D’altro canto, domina nella società un evidente tasso di frustrazione. Una recente ricerca di HR & Payroll Pulse realizzata da SD Worx notava che solo il 49% dei dipendenti italiani – nel pubblico come nel privato – afferma di sentirsi parte integrante della propria organizzazione, contro una media europea che supera il 63%.
A modo loro le recenti manifestazioni di massa a favore dei palestinesi riflette proprio questo sentimento. Magari inconsapevolmente, tra i dimostranti molti hanno fatto il parallelo – sottolineo: il parallelo, non il confronto – tra l’ingiustizia in cui versa la popolazione di Gaza e la loro personale situazione, che spesso ritengono anch’essa ingiusta. La protesta era quindi indirizzata tanto contro Israele quanto contro il loro stesso paese.
Negli ultimi venti anni, la società italiana è diventata più segmentata, più familistica, meno meritocratica, più povera. Mentre i giovani emigrano alla ricerca di ambienti meno clientelari e gerontocratici, carriere più soddisfacenti e stipendi più elevati, molti anziani cercano una boccata d’aria fresca (oltre che servizi più efficienti e imposte meno gravose).