Nel suo insieme la zona euro è in una migliore situazione degli Stati Uniti. Non è indebitata con l’estero, o quasi, a un deficit pubblico limitato (6% nel 2010) e un debito relativamente basso (85%). Lo stesso non può dire l’America. Come ha spiegato Mario Margiocco sul Sole/24 Ore del 19 giugno 2011, la situazione americana è drammatica: a conti fatti il debito pubblico negli Stati Uniti è superiore al 120% del prodotto interno lordo. Vi sono però due aspetti che nel lungo andare possono salvare gli Stati Uniti da un destino nefasto. Da un lato, il paese è una vera nazione, non una confederazione di stati sovrani come la zona euro. La crisi greca ha dimostrato quanto la strada di una unione monetaria sia irta di ostacoli. Dall’altro, l’America ha dalla sua il fattore demografico. La popolazione (per ora) è giovane, dinamica e in crescita. Lo stesso non può dirsi per l’Europa, dilaniata tra una drammatica disoccupazione giovanile e un rapido invecchiamento della società. Le ultime cifre sono preoccupanti. Il tasso di disoccupazione tra i 15 e i 24 anni è pari al 45% del totale in Spagna, al 25% in Grecia, al 22% in Francia e al 21% in Italia. Sappiamo degli indignados a Madrid e ad Atene, ma la stessa aria si respira in alcune regioni italiane e francesi. E anche in Lussemburgo (!), qualche giorno fa, si è tenuta una manifestazione di giovani lussemburghesi, preoccupati per il loro futuro.
Accanto a una gioventù con poche prospettive – vuoi per la recessione economica, vuoi per una società gerontocratica – cresce la quota di anziani. Nel Settecento, Ottocento e inizio Novecento, l’invecchiamento della popolazione dipese essenzialmente dalla riduzione della mortalità infantile. Dagli anni 70 in poi l’aumento dell’età media della popolazione è legato al fatto che si muore sempre a una età sempre più avanzata. In quarant’anni, la speranza di vita in Francia, per esempio, è passata per gli uomini da 68 a 78 anni, per le donne da 75 a 85 anni. L’istituto francese di Statistica (INSEE) si aspetta che nel 2060 questa sia rispettivamente di 86 e di 91 anni. A metà del Settecento era di 27 e di 28 anni. Le conseguenze sui conti previdenziali sono drammatiche. Nicolas Baverez, un economista francese, stima che nel 2060, tenuto conto anche dell’indebitamento provocato dalla crisi bancaria del 2008-2009 e senza considerare eventuali nuove riforme pensionistiche e previdenziali il debito pubblico salirà al 200% del prodotto interno lordo in Europa. Al di là dell’aspetto economico, il problema sono le conseguenze politiche. Quanto potrà durare il contrasto tra giovani disoccupati (poveri) e anziani pensionati (ricchi) senza una pericolosa moltiplicazione delle tensioni sociali? E soprattutto, in un senso o nell’altro, quanto peserà questa situazione nella soluzione della crisi debitoria in alcuni paesi europei? Per ora, lo scontro sociale sembra gestibile. In futuro potrebbe diventare l’ennesimo motivo per un’Europa sempre più divisa tra stati-nazione.
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(Nella foto, giovedì sera prima di un consiglio europeo a Bruxelles – da sinistra verso destra – il primo ministro greco George Papandreu, il presidente della Commissione Europea José Manuel Barroso e il presidente francese Nicolas Sarkozy)