Jens Weidmann non parteciperà al consiglio europeo di domani e dopodomani a Bruxelles convocato anche per discutere di una riforma della zona euro, ma la sua presenza si farà indirettamente sentire al tavolo dei capi di stato e di governo. Il giovane presidente della Bundesbank sta partecipando al dibattito tedesco ed europeo come pochi altri governatori nazionali. In queste settimane, ha posto diversi paletti sia sul futuro dell'integrazione della zona euro sia sui modi di calmare le tensioni sui mercati finanziari nel breve periodo. Sul primo aspetto, la posizione di Weidmann è simile a quella del governo federale e in generale dell'establishment tedesco. Una mutualizzazione dei debiti è possibile solo dopo una cessione di sovranità, e il potere per delle istituzioni indipendenti e sovrannazionali di influenzare le politiche economiche nazionali. Peraltro, ha spiegato in un articolo pubblicato nei giorni scorsi dal quotidiano austriaco Der Standard, nuove obbligazioni europee non permetterebbero "di affrontare le radici della crisi". E ha aggiunto: "Le necessarie riforme verrebbero rinviate" perché i paese più in difficoltà non sarebbero più incitati a risanare le loro economie. Per quanto riguarda il breve termine, Weidmann ha ostacolato nuovi acquisti di titoli di stato da parte della Banca centrale europea, e si è opposto finora all'idea che il Meccanismo di stabilità europeo (ESM) venga dotato di una licenza bancaria perché possa rifinanziarsi presso l'istituto monetario. Il banchiere centrale intravede il rischio di una monetizzazione dei debiti pubblici, proibita dai trattati e, agli occhi dei tedeschi, dai principi di una buona gestione dell'economia pubblica. Weidmann è un economista di 44 anni, nato a Solingen, nel Nord-Reno Vestfalia nel 1968. L'apparenza ancora giovanile, ha studiato a Bonn, allievo di Manfred Neumann, un noto monetarista tedesco. Ha una moglie francese, e ha trascorso un periodo di studio anche a Aix-en-Provence e a Parigi. Prima di assumere la presidenza della Bundesbank ha frequentato da vicino il mondo politico come consigliere economico del cancelliere Angela Merkel. "Ciononostante, in questi mesi si è rivelato molto più intransigente di quanto non ci saremmo aspettati", ammette un banchiere centrale, sorpreso di avere a che fare con un uomo così poco elastico.
La sua intransigenza è in parte da imputare alla Bundesbank. La banca centrale tedesca è fiera del ruolo di inflessibile guardiano della stabilità monetaria in Germania. Weidmann, come altri governatori prima di lui, non può ignorare le pressioni che vengono dalla struttura. Le sue prese di posizione sono dettate dall'interno, e dal desiderio umano di accreditarsi nell'istituzione. Pensare tuttavia che la Bundesbank nell'ombra possa manovrare la politica tedesca è esagerato. La storia della banca è fatta di scontri politici feroci, nei quali l'istituto monetario ha quasi sempre dato forfait. Negli ultimi vent'anni quattro membri della Bundesbank sono stati costretti alle dimissioni quando hanno visto che la loro posizione non era condivisa dal governo federale. Il governatore Karl-Otto Pöhl lasciò nel 1991 quando il cancelliere Helmut Kohl decise di cambiare i marchi tedeschi orientali uno-a-uno con i marchi tedeschi occidentali. Pöhl considerava il cambio poco realistico tenuto conto dello stato di salute dell'economia della DDR. Ernst Welteke si dimise nel 2004 dopo che il settimanale Der Spiegel rivelò che il banchiere centrale aveva accettato un invito della Dresdner Bank a Berlino durante i festeggiamenti per l'avvento dell'euro. La fuga di notizie fu probabilmente orchestrata dall'allora governo Schröder, che con Welteke aveva un cattivo rapporto, nonostante lo avesse nominato alla carica qualche anno prima. Più recentemente, nel 2011, sia Axel Weber che Jürgen Stark hanno preferito gettare la spugna. Il primo era presidente della Bundesbank; il secondo membro del comitato esecutivo della Banca centrale europea. Ambedue avevano criticato la decisione della BCE di acquistare obbligazioni sui mercati finanziari, una scelta controversa in Germania, ma alla quale il cancelliere aveva dato nei fatti il suo benestare. La Bundesbank è certamente un'istituzione che si vuole indipendente dal governo, ma sa che in un regime democratico l'ultima parola spetta alla politica. Nei prossimi giorni e nei prossimi mesi il confronto continuerà a segnare probabilmente il dibattito europeo, ma nel valutare gli equilibri in Germania varrà la pena ricordare che le decisioni ultime sono del governo. Il vecchio cancelliere Konrad Adenauer si riferiva ai banchieri centrali della Bundesbank con bonomia e accondiscendenza chiamandoli semplicemente "frigoriferi".
(Nella foto, il presidente della Bundesbank Jens Weidmann)
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