La Grecia è tornata la settimana scorsa sui mercati finanziari, offrendo agli investitori una obbligazione della durata di cinque anni con una cedola del 5% e raccogliendo tre miliardi di euro. L’operazione, la prima da quando il paese è stato escluso dai mercati nel 2010 allo scoppio della crisi debitoria, è evidentemente un passo avanti per un paese in recessione da sei anni e finora sostenuto finanziariamente dall’Unione europea e dal Fondo monetario internazionale. Il mondo politico europeo ha salutato l’avvenimento con dichiarazioni orgogliose. A qualche settimana da difficili elezioni europee, molti leader politici hanno potuto congratulare la Grecia. Tuttavia, bisogna chiedersi che influenza avrà l’emissione obbligazionaria sull’Italia. A ben vedere, l’impatto potrebbe rivelarsi più negativo che positivo. A tutta prima, l’operazione finanziaria ha rassicurato gli investitori sul futuro della crisi debitoria, tanto che i rendimenti obbligazionari dei paesi più fragili, Italia compresa, sono scesi in questi ultimi giorni sulla scia del successo greco. La cautela è però consigliabile. Da un lato, la scelta di molti investitori di acquistare titoli greci è legata alla necessità di investire, in un modo o nell'altro, una liquidità abbondante, fosse solo per i tassi di riferimento particolarmente bassi. Dall’altro, il debito pubblico greco rimane spaventosamente elevato (pari a circa il 175% del prodotto interno lordo). Molti investitori hanno preso un rischio a breve termine; non hanno fatto un investimento di lungo periodo. Più in generale, il successo dell’emissione obbligazionaria greca nasconde rischi di più lungo termine Avranno a questo punto i paesi della zona euro la motivazione necessaria per continuare a riformare l’unione monetaria e a rafforzare l’integrazione tra gli stati membri? Esiste il pericolo che l’inaspettato ritorno della Grecia sui mercati finanziari si traduca nella tentazione dei governi di tirare i remi in barca, di pensare che le modifiche istituzionali e le cure economiche finora adottate siano state sufficienti per rafforzare l’unione monetaria.
Dopotutto non è vero forse che la Grecia è tornata sui mercati, che l’Irlanda e la Spagna non hanno più bisogno di prestiti internazionali, e che anche il Portogallo è sul punto di farne a meno? Ad Atene la settimana scorsa, il cancelliere Angela Merkel si è autocongratulato: “La Grecia ha mantenuto gli impegni. Spero che le politiche attuali continuino (…) Credo che adottate tutte le riforme previste la Grecia avrà più opportunità che difficoltà”. Cadere nella tentazione di rinviare le necessarie riforme all'unione monetaria sarebbe probabilmente un errore. Molti osservatori sostengono che l’assetto della zona euro è ancora troppo confederale per essere sufficientemente solido. Il ruolo della Commissione e del Consiglio nel controllare i paesi membri è stato accresciuto, ma il trasferimento di sovranità è stato tutto sommato limitato. A pagare il prezzo di una riforma incompiuta sarebbero i paesi più deboli, tra cui l’Italia. Oberato da un debito elevato e segnato da una classe politica litigiosa, il paese è fragile, non solo dinanzi a una riaccutizzarsi della crisi economica ma anche in generale nel navigare le acque della globalizzazione. A dispetto delle dichiarazioni nazionalistiche di molti uomini politici italiani, l’Italia beneficerebbe molto di una ulteriore integrazione della zona euro. Di un nuovo rafforzamento dell’unione monetaria i governi dovrebbero discutere nella seconda parte dell’anno, in particolare in ottobre, ma alcuni diplomatici qui a Bruxelles temono che l’esercizio si riveli deludente. In questa ottica, tuttavia, non tutto è perduto. Nuovo impeto in vista di una ulteriore integrazione tra i paesi dell’unione monetaria potrebbe venire dalle prossime elezioni europee, con una vittoria dei movimenti più radicali tale da costringere i partiti più europeisti a dare una risposta convincente alla crisi economica. Nuova linfa potrebbe giungere anche dal materializzarsi della deflazione, tale da provocare un drammatico riaccutizzarsi dello sconquasso debitorio. In fondo, purtroppo, non sarebbe la prima volta che l’Europa per fare passi avanti deve attraversare nuove difficoltà.
(Nella foto, il cancelliere Angela Merkel durante un convegno ad Atene venerdì 11 aprile)
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