Nei confronti della guerra russa in Ucraina, la Germania ha cambiato progressivamente posizione. È diventata meno cauta, più combattiva e soprattutto ha sposato una idea per molti versi rivoluzionaria, ossia di utilizzare le riserve della Banca centrale russa presenti in Europa (210 miliardi di euro) per finanziare il sostegno a Kiev.
Questa scelta sorprende. Come è possibile che uno dei paesi più legalistici d’Europa sia pronto a creare un precedente potenzialmente così dirompente? Di ritorno da una missione a Berlino, chi scrive è giunto a una conclusione. Vulnerabile come non mai sia sul fronte economico che su quello politico, la Germania è attanagliata, ancora una volta, da un innato sentimento tedesco: l’Angst, la paura.
L’idea di usare le riserve russe è a dir poco innovativa. Neppure durante la Seconda guerra mondiale, le riserve valutarie del nemico furono mai toccate. In questa occasione, Berlino propone non di confiscarle, ma di prenderle in prestito. La differenza è minima. Nei fatti, la Germania vuole trasferire il denaro a Kiev, mettendo in dubbio il diritto di proprietà.
C’è di più. Per fare ciò, Berlino è pronta ad avvallare l’uso a dir poco acrobatico di una norma dei Trattati europei, l’articolo 122, che in caso di crisi economica permette le decisioni dei paesi membri a maggioranza qualificata.
Sorprendente, dicevo, l’atteggiamento tedesco, per vari motivi.
Prima di tutto, la scelta di usare le riserve russe stona con il rispetto della legge che domina nel paese. La Germania ha con il diritto un rapporto secolare. Per cinque secoli, fino al 1806, il Sacro Romano Impero, e il rapporto tra i principati, fu retto da un documento giuridico risalente al 1356: la Bolla d’Oro pubblicata dall’imperatore Carlo IV.

Peraltro, la possibilità che l’uso delle riserve possa creare un precedente storico tale da provocare la reazione scomposta dei mercati, e nuovi dubbi sul futuro della moneta unica, sembra importare poco.
Non basta. L’operazione è giustificata con il desiderio di far pagare alla Russia “riparazioni di guerra”. Anche questa espressione è sorprendente. In Germania nessuno ha dimenticato che le Kriegsreparationen imposte al Reich dopo la Grande Guerra contribuirono al revanscismo tedesco e all’avvento del Nazismo.
C’è chi vede nell’atteggiamento tedesco il riemergere di uno nuovo pericoloso e mai realmente sopito sciovinismo tedesco. Preferisco vedere nelle posizioni tedesche un sentimento più umano: la paura, appunto.
In questo caso la paura – giusta o sbagliata che sia – ha le sue radici in uno storico confronto con la Russia (in un momento in cui l’ombrello americano è in dubbio). I due paesi non hanno combattuto solo due guerre mondiali e una Guerra Fredda. Erano su opposti fronti anche nella Guerra di Successione d’Austria (1740-1748) e nella Guerra dei Sette Anni (1756-1763).
C’è di più. La Germania è storicamente alla frontiera del mondo slavo. Fin dai tempi di Ottone il Grande (912-973) e dei Cavalieri Teutonici il confronto è stato segnato da guerre e conflitti, invasioni e confroffensive. La stessa Prussia divenne una grande potenza dell’Europa continentale, battagliando contro gli slavi tra l’Elba e l’Oder.
In un articolo pubblicato questa settimana sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung, il cancelliere Friedrich Merz ha puntato il dito contro “l’imperialismo russo”. Ha poi aggiunto: “Mosca si sta preparando militarmente, e la sua società militaristicamente, per un conflitto con l’Occidente”.
Il riarmo annunciato negli ultimi mesi, la decisione di introdurre un servizio militare volontario, e la messa a punto di un piano di 1.200 pagine (intitolato Operationsplan Deutschland) da applicare in caso di attacco russo sono tutti segnali che vanno nella direzione di una Germania che si sta preparando al peggio, tanto più mentre gli Stati Uniti mettono in pratica un disimpegno dall’Europa.
Insomma, la paura dell’incertezza ancora una volta influenza il comportamento della Germania, in modo non dissimile da come avvenne durante la crisi finanziaria nel decennio scorso. I rischi di escalation si toccano con mano. Eppure, spetterebbe proprio alla Germania tentare di rimettere in carreggiata il rapporto con la Russia. In questi anni, dall’Unione europea non è giunto nei fatti alcun reale piano di pace.