Crisi francese e Schadenfreude italiana

Nel giro di pochi giorni tre diverse persone, tutte di nazionalità francese, mi hanno chiesto come mai la stampa italiana stia drammatizzando con così tanta enfasi la crisi politica in Francia.

In questi giorni, a cavallo del cambio di governo tra François Bayrou e Sébastien Lecornu, i titoli di apertura di molti giornali parlavano di “Francia nel caos”, di “Francia in crisi”, di “caos politico”, e addirittura di “ultimo tango”.

Molti quotidiani hanno dedicato più pagine all’argomento, con interviste, analisi, commenti, allorché in Belgio, un paese che forse è più vicino alla Francia dell’Italia, i quotidiani riservavano al tema un articolo, o al massimo due.

Per un attimo, tralasciamo l’abitudine della stampa italiana alla teatralizzazione, e soprattutto l’incredibile situazione francese, gli errori oggettivi del presidente Emmanuel Macron, e magari anche la sua personale superbia.

La concorrenza tra Italia e Francia ha fatto nei secoli la storia europea, dall’invasione romana della Gallia in poi. Da sempre i due paesi fanno a gara per dimostrare sulla grande scena mondiale di essere quello nel quale si mangia meglio, si vive meglio, ci si veste meglio.

Per non parlare dell’economia: la concorrenza è tra l’influenza delle grandi imprese francesi e la duttilità delle piccole imprese italiane. In politica estera, soprattutto nel Mediterraneo, Italia e Francia stanno conducendo sottotraccia e da decenni una battaglia di influenza, tra ambizioni anacronistiche e colpi bassi.

I momenti di tensione non sono mai mancati. Negli anni 60, Charles de Gaulle (1890-1970) provocò in Italia un ampio risentimento anti-francese, che fu cavalcato tra gli altri da Ugo La Malfa. In parte perché denunciando “il regime dei partiti” il generale prendeva ad esempio la politica italiana. In parte perché in cuor loro i più lucidi analisti italiani vedevano con preoccupazione le scelte di Parigi.

La Quinta Repubblica offriva (allora) maggiore stabilità all’esecutivo, permettendo al paese di fare scelte di lunga lena. In fondo a quel periodo risalgono alcuni grandi progetti francesi: la force de frappe, il TGV, Ariane, il Concorde, il Minitel.

Il presidente Emmanuel Macron e la premier Giorgia Meloni all’Eliseo, nel marzo del 2025 – Fonte: Jeanne Accorsini/SIPA

Per certi versi, la stessa reazione suscitò l’arrivo al potere di Emmanuel Macron nel 2017. In privato, non pochi diplomatici italiani guardarono con preoccupazione all’elezione del nuovo presidente, allora appena 39enne. Sapevano che avrebbe adottato profonde riforme economiche, e temevano in sede europea il confronto con l’Italia.

Mentre all’Eliseo arrivava un esponente liberale pronto a ridare slancio all’economia francese, in particolare rendendo più flessibile il mercato del lavoro, a Palazzo Chigi governava una coalizione anomala, composta dalla Lega e dal Movimento Cinque Stelle.

Il movimento dei gilets jaunes, che scoppiò alla fine del 2018, fu osservato da Roma con malcelata soddisfazione. Ai tempi, sotto accusa era la politica ambientale del presidente Macron (voleva alzare il prezzo della benzina per limitare l’uso dell’automobile).

Addirittura, l’allora vicepresidente del Consiglio italiano Luigi Di Maio (M5S) ne approfittò per incontrare in Francia nel febbraio del 2019 alcuni rappresentanti di un movimento che stava mettendo a ferro e a fuoco la capitale francese. Vive furono le proteste del Quai d’Orsay.

A qualche anno di distanza il mondo politico italiano sta prendendo una rivincita più rilevante. Emmanuel Macron rischia di essere ricordato come il presidente più impopolare dalla fine della Seconda guerra mondiale. In piena incertezza politica, la Francia ha un debito elevato e sta soffrendo pene non dissimili da quelle italiane.

Insomma, nell’establishment italiano, prevale un sentimento di Schadenfreude (di piacere nelle disgrazie altrui), di cui i giornali si fanno cassa di risonanza. D’altro canto, il rapporto bilaterale di amore e odio è segnato da molte similitudini nazionali, ma anche da una grande differenza: mentre la Francia si ama troppo, l’Italia non si ama abbastanza.

  • carl |

    Per quanto riguarda la crisi francese si possono fare più considerazioni, Ad es. che potrebbe peggiorare sul piano socio-politico, economico (e perfino militare..). Pero lo stesso può valere per l’Italia nostra, per non parlare del resto del mondo.
    In Francia i problemi possono aggravarsi sul piano socio-politico ed economico per via dei numerosi problemi su tappeto. Ossia uno sviluppo economico statico, effetti dei dazi statunitensi, il sistema pensionistico, la difficoltà di formare un gabinetto stabile e, sopratutto, in grado di affrontare & risolvere i succitati problemi ed altri ed eventuali.
    Dell’Italia nostra si può dire più o meno lo stesso, nonostante le dichiarazioni ufficiali e nell’attesa degli effetti dei dazi, nonchè dell’evoluzione della congiuntura in generale, i problemi del settore auto, quello dell’ILVA, ed altri ed eventuali.
    Dimentico il debito pubblico? No. D’altronde nessun Paese l’ha mai saldato.. Bensì di volta in volta rinnovato pagando, ovviamente, il fio o “carico” che dir si voglia, e cioè gli interessi ai detentori dei relativi pacchetti di titoli, indigeni o forestieri che siano. Insomma una sorta di meccanismo da “revolving card”, sia pure con la differenza che sia l’importo in gioco/accumulato che il numero di Paesi (dato che tutti hanno un debito pubblico, sia pure maggiore o minore ovviamente..) sono molto minori di quello dei detentori/utilizzatori di una “revolving card”/carta di debito/di credito e dell’importo che essa pone a loro disposizione.
    Quanto al piano militare, pur non essendo un esperto, ho sempre pensato che il disporre di una “force de frappe” nucleare e dissuasiva specie se sommata alla presenza sul territorio di oltre una cinquantina di reattori elettronucleari (che nel mondo sono circa 500), in caso di conflitto (qualora cioè la dissuasione non fosse più tale/efficace) l’inabitabilità del territorio francese è più che certa e, idem con patate anche per quello italiano, ecc. a causa delle perturbazioni meteo di origine atlantica che arrivano in Italia dopo avere attraversato la Francia.
    Concludendo, speriamo che l’Occidente si dimostri capace di gestire al meglio ed efficacemente i vari “scomparti” delle sue economie di mercato di cui tanto va fiero e fa affidamento, almeno a parole.
    Mi scuso per l’incompletezza, ma in un commento di blog, cos’altro si può aggiungere/elaborare..?

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