Conosciamo le motivazioni europee nel confronto con la Russia. Mosca ha attaccato l’Ucraina, potrebbe avere delle mire anche su altre ex repubbliche sovietiche, l’Europa deve quindi armarsi per giocare la carta della deterrenza, ed evitare il peggio.
Il ragionamento può sembrare convincente a tutta prima; ma rischia di essere troppo razionale, e sottovalutare drammaticamente la psicologia dei paesi, un elemento che giocò appieno nel 1914, al momento dello scoppio della Grande Guerra.
Fino a quando il riarmo europeo non metterà in allarme la Russia, a sua volta preoccupata da un eventuale attacco occidentale?
Le spese per armamenti nell’Unione europea raggiungeranno quest’anno un nuovo record, pari a 381 miliardi di euro, ha annunciato martedì di questa settimana l’Agenzia europea per la difesa (EDA).
Secondo i dati dell’istituto svedese SIPRI, l’Europa si era già distinta nel 2024: è stata la regione nel mondo che ha registrato la crescita relativa più forte (+17%), trainata da aumenti spettacolari in Germania, Polonia, Svezia e Paesi Bassi.
Tralasciamo per un attimo le responsabilità oggettive della Russia nella guerra in Ucraina, e guardiamo alla storia russa. L’orgoglioso sentimento nazionale è stato forgiato in particolare dagli attacchi mongoli del XIII secolo.
Le invasioni mongole, o tatare come vengono chiamate in Russia, sono state particolarmente violente e hanno determinato le percezioni di sicurezza e di spazio, sottolineando nell’assenza di barriere, a Est come a Ovest, la naturale vulnerabilità del paese.

Nel corso della sua storia, la Russia è stata chiamata a respingere invasioni da parte dei cavalieri teutonici, dei lituani, dei polacchi, degli svedesi, dei francesi e dei tedeschi. Questa vulnerabilità permanente conferisce al concetto russo di sicurezza un significato molto particolare.
Il termine russo per definire sicurezza (bezopasnost) può essere tradotto con l’espressione “assenza di pericolo” (bez, senza – opasnost, pericolo). La sicurezza totale è quindi garantita solo dalla totale assenza di pericolo; e questa assenza di pericolo è tutelata solo dallo spazio, dalla necessità di assicurare territorio per allontanare eventuali pericoli.
Anche se questo ovviamente non basta a giustificare una guerra di aggressione, è sempre utile conoscere e capire il retroterra psicologico dei paesi.
C’è un altro elemento di preoccupazione. L’Europa è tornata a discutere in questi giorni della possibile confisca delle riserve valutarie russe in mano a Euroclear, la società belga di regolazione delle transazioni finanziarie che detiene circa 200 miliardi di euro di averi russi.
Il denaro andrebbe usato per aiutare Kiev nella guerra contro Mosca. La Francia, la Germania e l’Italia si sono finora opposte alla confisca. Temono di creare un precedente e soprattutto di mettere in pericolo la stabilità dell’euro. La Banca centrale europea è fermamente contraria.
Al di là degli aspetti finanziari, il dibattito in corso dovrebbe anche valutare considerazioni politiche. L’ipotesi deve preoccupare anche perché ricorda per molti aspetti le riparazioni imposte alla Germania dopo la Prima guerra mondiale.
So bene che le vicende contengono molte differenze, ma il parallelo non è poi così campato per aria. Un conto probabilmente è utilizzare i profitti derivanti dalle riserve, come viene fatto attualmente. Un altro è usare il capitale, impoverendo strutturalmente il paese.
Sappiamo quanto le riparazioni di guerra imposte alla Germania abbiano contribuito fosse solo indirettamente all’avvento di Adolf Hitler e alle sue conseguenze, attraverso l’iperinflazione degli anni Venti e il sentimento di orgoglio ferito che ha segnato i tedeschi durante la Repubblica di Weimar.
Insomma, conviene non dimenticare il rischio che si nasconde dietro alla concatenazione degli eventi. Il riarmo europeo può essere giustificabile, ma deve essere assolutamente controbilanciato da nuovi sforzi per trovare un accordo diplomatico con Mosca.