Qualche mese fa ero tornato da un viaggio a Berlino con la netta sensazione che il dibattito di politica economica in Germania era vicino a una svolta, e che il paese avrebbe da lì a poco scelto la strada dell’indebitamento pur di rispondere alle gravi necessità di investimento dell’economia tedesca (si veda nel blog l’articolo del 13 dicembre 2024).
A poco più di una settimana dalle elezioni del 23 febbraio, il cancelliere in pectore Friedrich Merz (CDU) ha intavolato discussioni con il potenziale alleato socialdemocratico in vista di nuovo debito pubblico, pur di finanziare innanzitutto la difesa, ma anche le infrastrutture terribilmente invecchiate.
La scelta è salutata positivamente dai partner europei. Dopo decenni di timidezza sul fronte della sicurezza, la Germania ha deciso di assumere maggiori responsabilità in questo campo. Resta da capire se il volano sarà soltanto o prevalentemente nazionale, o se la Repubblica Federale si appoggerà anche sugli strumenti europei.
Nelle sue memorie (Mémoires, Plon, 2004) Jacques Delors racconta che, da presidente della Commissione europea al momento dell’unificazione della Germania, propose all’allora cancelliere, Helmut Kohl, di partecipare ai costi dell’unificazione con fondi comunitari.
Scrive Jacques Delors: “Proposi a Kohl un aiuto fuori norma, più sostanzioso da quello stabilito dalle disposizioni legali previste dalla coesione economica e sociale. Stavo per presentare la proposta dinanzi al Consiglio europeo a Dublino. Il cancelliere me ne dissuase: ‘Jacques, ho già sufficienti difficoltà, per via delle preoccupazioni dei miei partner. Non voglio peggiorare la situazione’”.

Il probabile futuro cancelliere tedesco Friedrich Merz, a sinistra, con il presidente del Consiglio europeo António Costa durante un incontro a Bruxelles il 6 marzo 2025 Fonte: Consiglio europeo
Nota ancora l’allora presidente della Commissione europea: “Non potei quindi dare seguito alla mia idea. Oggi, non posso impedirmi di notare che abbiamo tutti pagato indirettamente la nostra fetta di riunificazione tedesca, subendo sulla nostra crescita le conseguenze dei tassi d’interesse elevati praticati in Germania”.
Dietro alla scelta tedesca si nascondeva una implicita, malcelata, surrettizia forma di orgoglio nazionale, o più semplicemente di nazionalismo. C’era il desiderio di fare da sé. Nei fatti la possibilità è che la Repubblica Federale persegua lo stesso cammino e ci faccia correre lo stesso pericolo.
I nuovi investimenti tedeschi avranno certo un impatto positivo sull’economia europea, ma c’è il rischio di provocare un generalizzato aumento dei tassi d’interesse, e soprattutto di contribuire a una Unione europea sempre confederale, quando il momento richiederebbe un salto federale.
Il piano presentato questa settimana dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen prevede 150 miliardi di euro di debito europeo, e soprattutto flessibilità di bilancio a livello nazionale.
Quest’ultima misura piace tradizionalmente alla Germania perché il paese ha propri margini di manovra finanziaria. Ma la flessibilità di bilancio è una misura che ha un beneficio limitato, perché al di là delle regole da rispettare, c’è sempre il rischio, soprattutto per i paesi più indebitati, di provocare tensioni sui mercati.
Insomma, il nuovo approccio va essenzialmente a vantaggio della Germania, non dell’Europa. Non per altro la Francia sta affrontando le trattazioni di questi giorni con l’obiettivo di discutere insieme le varie opzioni, nel timore che dare il via libera alla flessibilità di bilancio possa escludere d’emblée qualsiasi strumento comune.
Di questi tempi, così incerti sul fronte internazionale, un atteggiamento pienamente europeista da parte della Germania avrebbe particolare senso, tanto più che il futuro cancelliere Merz ha chiesto di poter godere della deterrenza nucleare francese e che Parigi si è detta pronta a discuterne.