Entrata in carica la nuova Commissione europea, lo sguardo a Bruxelles è tutto rivolto alla composizione dei gabinetti dei commissari. A tutta prima, il problema appare minuto, di poco conto. In realtà, ogni cinque anni la questione si rivela eminentemente politica.
Le rappresentanze diplomatiche dei paesi membri si fanno in quattro per garantire una propria presenza nazionale nei gabinetti. Inevitabilmente anche i funzionari più leali all’istituzione e al proprio commissario sono ritenuti una potenziale longa manus nei gangli più politici della Commissione.
In attesa della pubblicazione ufficiale sul sito dell’esecutivo comunitario della composizione dei gabinetti, commissario per commissario, è già possibile una prima analisi.
Secondo le informazioni raccolte qui a Bruxelles, per ora le posizioni ottenute dall’Italia sarebbero di basso profilo. Il paese avrebbe ottenuto un solo capo di gabinetto, l’italiano Vincenzo Matano, alla guida del gabinetto del commissario Raffaele Fitto. Non vi sarebbe alcun vicecapo di gabinetto di nazionalità italiana.
A titolo di confronto, La Germania ha ottenuto quattro capi di gabinetto e cinque vice capi di gabinetto. La Francia, dal canto suo, ha un solo capo di gabinetto, ma è riuscita a strappare sette vice-capi di gabinetto.
Non so se la presenza di molti tedeschi al vertice dell’amministrazione rifletta necessariamente il ruolo prevaricatore della Germania, come molti sostengono. Il paese è grande, ha una lingua ritenuta difficile, ed esprime la presidente dell’esecutivo comunitario. Probabilmente a molti commissari conviene avere un membro di gabinetto di nazionalità tedesca.
Sempre secondo le informazioni raccolte qui a Bruxelles, successo evidente avrebbero riscosso i paesi dell’Est Europa, che sono riusciti a strappare posizioni di rilievo in molti gabinetti, a conferma di come il baricentro dell’Europa si sia spostato almeno in parte a Est, non solo per via della guerra in Ucraina, ma anche per la presenza nella regione di molti governi guidati dal partito popolare europeo, il partito di maggioranza relativa in Parlamento. Per esempio, nel gabinetto del francese Stéphane Séjourné (mercato interno), sono presenti un polacco, un rumeno e un ceco (tutti e tre con il ruolo di coordinatore).
In alcuni gabinetti – come in quello della spagnola Teresa Ribera (concorrenza) – la presenza italiana sarebbe osteggiata per motivi politici. Non piace un governo ritenuto troppo a destra e guidato da Fratelli d’Italia. In fondo questa posizione riflette la crescente politicizzazione della Commissione europea.
La vicenda ricorda per certi versi l’atteggiamento di alcuni governi oltre venti anni fa quando l’Austria fu governata da una coalizione che univa il partito democristiano dell’ÖVP al sulfureo partito di estrema destra FPÖ, quello guidato da Jörg Haider. Alcuni paesi, in prima linea la Francia, decisero di imporre sanzioni contro il governo Schüssel, poi levate rapidamente.
Neppure nell’entourage di Stéphane Séjourné ci sono italiani. Purtroppo, sia il gabinetto Séjourné che il gabinetto Ribera sono particolarmente interessanti in una ottica italiana, vista la loro valenza economica e anche industriale.
A Bruxelles e a Roma c’è chi sostiene non solo la difficoltà per un governo di destra di reperire esperti comunitari pronti a lavorare nei gabinetti della nuova Commissione europea, ma anche una strategia italiana tutta incentrata sull’obiettivo partitico più che l’interesse generale.
Funzionari comunitari spiegano che a Bruxelles in queste settimane sono girate almeno tre liste di potenziali funzionari italiani da distribuire nei gabinetti più interessanti: una messa a punto dalla Lega, una dal ministro degli Esteri e leader di Forza Italia Antonio Tajani, e una preparata da Palazzo Chigi.
Difficile negoziare efficacemente in queste condizioni.
Altri, a conoscenza delle trattative, sostengono che pur di ottenere il sofferto via libera del Parlamento europeo il commissario italiano Raffaele Fitto avrebbe concluso molti scambi politici a monte, privandosi a valle delle carte da utilizzare per facilitare la nomina di italiani nei diversi gabinetti. Per lo stesso motivo anche gli spagnoli sarebbero stati penalizzati nella composizione dei gabinetti della prossima Commissione europea (la stessa signora Ribera ha ottenuto un combattuto benestare dai deputati europei).
Come detto, si sta ancora finalizzando la composizione dei gabinetti. Ma la vicenda sembra già offrire spunti di riflessione. Nei mesi scorsi alcuni osservatori avevano messo in guardia sulla scelta di insistere su una vicepresidenza. L’obiettivo appariva loro, giustamente, più di estetica che di sostanza.
Non solo i vicepresidenti nella nuova Commissione europea sono ben sei, ma il loro ruolo sarà tutto da valutare (Raffaele Fitto è l’ultimo in ordine protocollare). Certamente più influenti di alcuni vice presidenti appaiono i portafogli di due meri commissari: Maroš Šefčovič (commercio) e Valdis Dombrovskis (economia).
Nel paese dei dottori e dei commendatori, dei presidenti, dei professori e dei cavalieri, la carica di vicepresidente dell’esecutivo comunitario ha accecato molti, dimenticando che spesso più importanti sono i secondi e terzi ruoli.
I prossimi anni richiederanno una diplomazia esperta. Si discuterà di privatizzazioni, di concessioni stradali e autostradali, di liberalizzazioni di mercati chiusi, di sgravi contributivi al Sud. Più in generale ci sarà un ritorno a una applicazione più occhiuta delle regole comunitarie, in parte sospesa con la pandemia.
In questo contesto, la presenza limitata di italiani ai vertici dei gabinetti della Commissione europea rischia di penalizzare l’azione del governo e più in generale l’influenza del paese.
(Nella foto, Giorgia Meloni e Raffaele Fitto durante un recente incontro – Fonte: Picture Alliance/IPA-Agency|Stefano Carofei)