Nei giorni scorsi, la Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza (ECRI) del Consiglio d’Europa ha pubblicato un rapporto sul razzismo e sulla xenofobia in Italia. Nella sua relazione, l’organizzazione internazionale sottolinea tra le altre cose il comportamento delle autorità di polizia. Tra le altre cose, si legge nel rapporto:
“Durante la sua visita in Italia, la delegazione dell’ECRI è venuta a conoscenza di molte testimonianze sulla profilazione razziale da parte delle forze dell’ordine in particolare verso la comunità rom e le persone di origine africana. Queste testimonianze di frequenti fermi e controlli basati sull’origine etnica sono confermate anche dai rapporti delle organizzazioni della società civile e di altri organismi di monitoraggio internazionali specializzati”.
Il mondo politico si è affrettato a difendere le forze dell’ordine. Il ministro degli Interni Matteo Piantedosi ha definito il rapporto “inaccettabile”; il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha spiegato che la relazione è ricca di “falsità”; mentre il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha fatto sapere di avere telefonato al capo della polizia Vittorio Pisani per esprimergli il suo “stupore”.
Non fa piacere a nessuno sapere che una organizzazione internazionale nata nel 1949 e incaricata di toccare con mano lo stato della democrazia nei suoi Stati membri metta in dubbio la professionalità delle forze dell’ordine del proprio paese. Al tempo stesso, la vicenda merita un minimo di analisi che vada oltre la reazione piccata della classe politica italiana.
Prima di tutto, il rapporto del Consiglio d’Europa era stato inviato alle autorità italiane prima di essere pubblicato. Nei suoi commenti, allegati alla relazione, il governo non nega l’opinione dell’ECRI. Si limita a ricordare che “l’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti di discriminazione (OSCAD) persegue (…) obiettivi nel campo dell’antidiscriminazione: ossia facilitare la segnalazione e contrastare la tendenza a non denunciare (atti razzisti, ndr); monitorare, sensibilizzare, formare e ammodernare le forze di polizia per affrontare il fenomeno della non denuncia”.
Potremmo veramente dirci sorpresi se ci fossero da parte delle forze dell’ordine tendenze più o meno consapevoli alla profilazione? Dopotutto, rimproveri non dissimili hanno riguardato nel recente passato anche la polizia americana o francese. Il lavoro della polizia è pericoloso, le pressioni sono molte.
C’è da chiedersi peraltro se le prese di posizioni di alcuni esponenti politici in questi anni possano influenzare il comportamento delle forze dell’ordine nel loro insieme. Nel 2023, il ministro degli Interni Piantedosi aveva sostenuto dopo la morte di 94 migranti in un naufragio a Crotone: “La disperazione non può mai giustificare condizioni di viaggio che mettono in pericolo la vita dei propri figli”. Ai tempi si discuteva animatamente se vi fossero colpe da parte delle autorità italiane nel drammatico incidente. Più recentemente, il ministro dei Trasporti Matteo Salvini ha usato l’espressione “cani e porci”, parlando dei migranti che tentano di arrivare in Italia via mare.
Le amministrazioni, pubbliche o private, rispondono alle sollecitazioni più o meno pressanti provenienti dal vertice. Nel bene e nel male. Inevitabilmente, sono sensibili allo stile della classe politica così come alle sue priorità.
In un discorso pronunciato il 13 febbraio del 2023 in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico 2022-2023 della Scuola Ufficiali Carabinieri, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha definito i carabinieri “sentinelle della nostra sicurezza e della nostra libertà”. Ha poi aggiunto che agli occhi degli italiani gli stessi carabinieri sono “il simbolo del dovere”. Ha precisato: “Il dovere di servire sempre lo Stato e le istituzioni, il dovere di onorare la Patria e la sua bandiera in Italia e nel mondo, il dovere di essere al servizio degli italiani».
La signora Meloni ha terminato il discorso affermando: “Non ci stancheremo mai di dirvi grazie per quello che fate ogni giorno per la Nazione. La vostra è una missione e sappiate che potrete contare sempre su di noi per portarla avanti».
Lo stesso termine nazione non è banale. È utilizzato a profusione dall’attuale governo. Rispetto ad altri termini – come Paese o Stato – quello di nazione tende ad escludere gli stranieri o più semplicemente tutti coloro che per un motivo o per l’altro non sono italiani de souche, italiani di origine, o che hanno una religione diversa da quella cattolica. Mentre la parola Stato include, quella di nazione esclude. La prima si rifà a diritti e doveri. La seconda a sangue e cultura.
Più recentemente, in un tweet pubblicato su X il 23 ottobre scorso il ministero della Difesa ha celebrato l’82mo anniversario della battaglia di El Alamein, “un luogo e una data che raccontano di valore e sacrificio, un capitolo tanto eroico quanto tragico della nostra storia”.
A El Alamein l’esercito italiano, che ai tempi combatteva a fianco dei soldati di Adolf Hitler, si arrese alle truppe britanniche. Meno di un anno dopo cadeva il regime fascista. “Rendiamo onore ai coraggiosi militari italiani che combatterono tra le sabbie del Nord Africa – prosegue il tweet –. Con loro ricordiamo con deferenza tutti i caduti che hanno sacrificato la loro vita per la nostra libertà”.
Il tweet è ambiguo. Non vedo tuttavia il ministero della Difesa in Germania celebrare oggigiorno la battaglia di Stalingrado del 1942-1943 o i combattimenti di Cassino del 1944. D’altro canto, i tempi sono cambiati, i regimi pure.
Più in generale, sempre il ministero della Difesa sta organizzando dal 1 al 4 novembre grandi celebrazioni al Circo Massimo di Roma in occasione della “giornata dell’unità nazionale e delle Forze Armate”. Sui manifesti tricolori posti lungo tutto il perimetro dell’antico stadio romano c’è scritto a lettere capitali: “DIFESA – Siamo l’Italia”.
Insomma, viviamo in un periodo storico in cui in molti paesi, anche in Italia, si onora il ruolo passato e presente delle forze armate, si celebra la difesa dei confini nazionali e si esalta il compito della polizia nel mantenere l’ordine e la sicurezza. Di questi tempi, forse il rapporto dell’ECRI potrebbe rivelarsi un utile richiamo a tutti noi.
(Nella foto d’archivio, tratta da Internet, i ministri Piantedosi e Salvini in Parlamento)