Il Rassemblement National al governo in Francia? Ecco come funzionerebbe la “cohabitation” a Bruxelles

La decisione del presidente Emmanuel Macron di sciogliere l’Assemblea nazionale e di indire nuove elezioni legislative dopo la sconfitta al voto europeo del 6-9 giugno ha provocato scalpore qui a Bruxelles. Pochi, obiettivamente, se lo aspettavano, e oggi molti temono che il Rassemblement National possa giungere al potere a Parigi.

Rischio calcolato? Scommessa rischiosa? Difficile da dire. Il voto legislativo è certamente diverso da quello europeo. È a due turni, suscita inevitabilmente maggiore interesse, indurrà molti elettori a uscire dall’astensionismo. Votare per RN a Strasburgo non è come votare per RN al Palais Bourbon, la sede dell’Assemblea nazionale.

Al tempo stesso, l’onda lunga del Rassemblement National sembra impietosa. Il partito nazionalista ed euroscettico è giunto al primo posto nel 98% delle città francesi e nella stragrande maggioranza dei dipartimenti della Francia metropolitana. Ha ottenuto quasi il 32% dei voti.

A Bruxelles e nelle cancellerie europee ci si interroga sulla suddivisione dei poteri nel caso ad arrivare a Matignon fosse un primo ministro del RN. La Francia tornerebbe alla cohabitation, quel curioso momento istituzionale nel quale il presidente e il premier provengono da due partiti diversi, in un contesto di regime semi-presidenziale.

Nel corso della Quinta Repubblica è già successo nel 1986-1988, nel 1993-1995 e nel 1997-2002. Per capire meglio equilibri e funzioni mi sono rivolto a Yves Mény, giurista e politologo, ex professore di Sciences Po a Parigi, ex presidente dell’Istituto universitario europeo di Firenze, e autore recente di Le vie della democrazia (il Mulino, 2024).

“La cohabitation è dettata sia da regole costituzionali che da pratiche informali. Prima di tutto il Capo dello Stato è a capo delle forze armate ed è responsabile della politica estera. I problemi giungono o possono giungere nella messa in opere dei dettati presidenziali, in altre parole quando si tratta di far approvare dal parlamento le scelte dell’Eliseo”.

“La sua capacità di influenza è forte ma sarebbe inevitabilmente limitata”.

È il presidente della Repubblica a partecipare formalmente ai vertici europei, anche se il Capo dello Stato è comunque accompagnato dal primo ministro. “In passato abbiamo assistito a situazioni umilianti. Per esempio, quando Jacques Chirac era primo ministro, assisteva alle conferenze stampa di François Mitterrand dal pubblico, mentre il Capo dello Stato parlava dal palco”.

In questo contesto, spetterà all’Eliseo nominare il nuovo commissario europeo. Al presidente spetta anche la scelta del primo ministro. Due ministri, quello della Difesa e quello degli Affari Esteri, devono essere approvati dal Capo dello Stato che in questo frangente “gode di un informale droit de regard.

Spesso verrà quindi scelto un tecnico. Un esempio tra molti: il diplomatico Jean-Bernard Raimond (1926-2016) che fu ministro degli Affari Esteri tra il 1986 e il 1988, dopo essere stato ambasciatore a Mosca e a Varsavia.

Tutte le altre materie, comunitarie e non, spettano al governo e al primo ministro. Non per altro il Segretariato generale agli Affari Europei – una istituzione interministeriale nata nel 2005 nella quale si mettono a punto le posizioni che la diplomazia francese difenderà a Bruxelles – risponde direttamente al primo ministro.

In ultima analisi, la cohabitation è tradizionalmente un momento di continue tensioni politiche tra il presidente e il premier. Un politologo ha parlato di “campagna elettorale permanente”. In passato le personalità erano uomini di governo, con un loro stile e una loro esperienza. In futuro le cose potrebbero essere più difficili.

Concretamente cosa potrebbe succedere a Bruxelles? Un eventuale governo guidato dal Rassemblement National sarebbe chiamato a negoziare e ad approvare i testi legislativi in co-decisione. Molti provvedimenti vengono votati alla maggioranza qualificata, non all’unanimità. Malgrado il peso politico, demografico ed economico della Francia, la sua capacità di influenza dipenderà in ultima analisi dalle alleanze del momento.

(Nella foto tratta da internet il presidente neogollista Jacques Chirac e il primo ministro socialista Lionel Jospin durante la loro cohabitation tra il 1997 e il 2002)

  • habsb |

    Se i numeri saranno gli stessi delle europee, il che è tutto da vedere, sarà assai difficile formare un governo coerente.
    A destra, anche sommando RN, Reconquête e i riottosi Républicains, non si arriva al 45%
    A sinistra, Macron, più l’atlantista radicale Glucksmann, più i verdi, anche riunendo eventualmente la solita mosca cocchiera dei Républicains non c’è un 45% neanche cosi’
    Qualsiasi governo emerga, sarà un governo debole e incapace di vere riforme, sottomesso alle corporazioni e agli sprechi di denaro pubblico. La Borsa lo ha già capito.
    E’ pero’ possibile che l’anarchia risultante spinga ancor più elettori verso le proposte autoritarie della destra e che il 2027 veda il primo presidente francese di destra, dopo decenni di giri di valzer fra sinistra, centro destra, centro sinistra…

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