Per l’undicesima volta dall’inizio del suo mandato e per la seconda volta in appena due settimane la presidente della Commissione europea si recherà in visita in Italia domenica e lunedì. Con innegabile costanza, Ursula von der Leyen coltiva i suoi legami con l’establishment italiano e in particolare con la premier Giorgia Meloni.
Al netto dei motivi specifici che inducono a una visita italiana (questa volta si tratta di partecipare a un vertice sull’Africa), dietro ai viaggi oltre le Alpi si nascondono motivazioni politiche e personali. Comincio dalle prime.
L’Italia è un grande paese dell’Unione, il terzo dell’unione monetaria. Nessun presidente della Commissione europea lo può ignorare. I suoi voti contano in Consiglio e in Parlamento. Pesa da un punto di vista economico, sia nel bene (il paese è un importante centro industriale) che nel male (il debito pubblico è tra i più importanti del continente).
Al tempo stesso, è un paese spesso instabile da un punto di vista politico. Il governo in carica è arrivato al potere cavalcando sentimenti euroscettici e nazionalisti. Da allora, Fratelli d’Italia ha moderato i toni, ma la Lega rimane spesso su posizioni critiche nei confronti dell’Europa.
C’è quindi il desiderio della presidente Ursula von der Leyen di mostrare pubblicamente l’appoggio comunitario sia in occasione delle inondazioni del Po in Romagna che durante gli sbarchi di migranti a Lampedusa, pur di mantenere viva la fiamma europeista nel paese.
Inoltre, i viaggi dell’esponente politica tedesca nella Penisola sono atti di omaggio nei confronti dell’Italia che in ultima analisi permettono alla premier Meloni di rivendicare pubblicamente i meriti, i vantaggi, i pregi della sua (apparente) conversione europeista. In fondo, le visite ufficiali a Roma sono un riconoscimento dell’influenza del paese, vera o presunta. Al presidente del Consiglio, quale esso sia, fanno sempre piacere.
Ci sono però anche motivazioni molto più personali nella scelta della presidente della Commissione europea di recarsi così sovente in Italia. Si voterà in giugno per le elezioni europee; a meno di sorprese, la signora von der Leyen dovrebbe candidarsi alla sua successione e ottenere il via libera dai capi di Stato e di governo. In questo caso, l’appoggio dell’Italia è certamente utile.
Più importante, tuttavia, sarà avere il benestare del Parlamento europeo, una volta strappata la nomina del Consiglio. Nel luglio del 2019, in occasione del suo primo mandato alla guida della Commissione europea, la signora von der Leyen ottenne una maggioranza risicatissima: nove voti di margine.
Nel dettaglio, la presidente dell’esecutivo comunitario ebbe 383 voti a favore, 327 contrari, 22 astensioni. Il voto rivelò una spaccatura dei gruppi politici (insieme popolari, socialisti e liberali, che avevano promesso la fiducia, contano 444 deputati).
Come andrà quest’anno? I sondaggi lasciano presagire che la maggioranza popolari-socialisti-liberali perderà seggi e che gli stessi partiti saranno ancora più frammentati, ancora meno compatti di cinque anni fa.
La signora von der Leyen sa che un voto favorevole a un suo secondo mandato non è cosa fatta. Avrà bisogno del sostegno dei verdi e possibilmente dei conservatori, e di conseguenza di Fratelli d’Italia.
“Non è chiaro se l’elezione del nuovo presidente della Commissione europea avverrà in luglio o in settembre – aggiunge un diplomatico -. Se dovesse avere luogo in settembre i rischi per la signora von der Leyen sarebbero maggiori perché non potrebbe godere dello slancio proveniente dalla nomina da parte del Consiglio”, attesa tra giugno e luglio.
Insomma, nulla è coincidenza, e come si dice in francese, tout se tient.
(Nella foto tratta dal sito di Palazzo Chigi, la premier Meloni e la presidente von der Leyen in occasione di una visita in Emilia-Romagna in occasione delle inondazioni dell’anno scorso, 25 maggio 2023)