Per qualche giorno questa settimana l’Indonesia uscirà improvvisamente dal cono d’ombra dell’informazione italiana: tra domani e dopodomani, il paese del sud-est asiatico ospiterà a Bali l’incontro al vertice del Gruppo dei 20. In un libro appena pubblicato prima in olandese e poi in francese, lo scrittore belga David Van Reybrouck si è cimentato a raccontare la storia tumultuosa di un immenso arcipelago (le isole sono ufficialmente 13.466) che per tre secoli è stato una colonia olandese (Revolusi – L’Indonésie et la naissance du monde moderne, Actes Sud, Parigi, 609 pagine).
Associando testimonianze, interviste, storia ufficiale, ricerche d’archivio e lunghi soggiorni sul posto, l’intellettuale fiammingo riprende l’originale metodo che utilizzò già nel 2012 per raccontare il percorso millenario del Congo (in olandese il volume sul paese africano vendette 500mila copie, e in Italia fu pubblicato da Feltrinelli). L’Indonesia non è solo il più popoloso paese di religione musulmana al mondo; fu anche il primo Stato a proclamare l’indipendenza nel dopoguerra, diventando ai tempi uno straordinario modello per molti altri paesi.
La presenza olandese iniziò nel Seicento, il Secolo d’Oro dei Paesi-Bassi, con l‘apertura di alcuni banchi dediti al commercio nelle Isole Molucche in una regione che precedenti comunità arabe avevano convertito all’Islam. Allora, gli insediamenti erano pochi e limitati ad alcuni punti strategici. Le classi abbienti in Europa apprezzano sapori nuovi: i chiodi di garofano, la noce moscata, e altre spezie esotiche. È il periodo in cui nasce Batavia, la città che sarebbe diventata Giacarta, e poi successivamente la capitale dell’Indonesia.
Nel 1700, quando gli autoctoni si azzardarono a commerciare anche con i concorrenti europei, gli spagnoli e i portoghesi, gli olandesi imposero la loro presenza con la forza. Nel frattempo, in Europa cambiarono i gusti. Le spezie avevano fatto il loro tempo, la cucina si voleva più naturale e vicina al territorio. Gli olandesi riuscirono però a convertirsi ai nuovi lussi occidentali: il tè, lo zucchero, il tabacco, il cacao. Fu necessario espandersi e cercare nuove terre da coltivare. Batavia divenne una città di 120mila abitanti.
Sulla scia delle guerre napoleoniche, il territorio cadde sotto il controllo della Francia. Terminato il periodo francese che lasciò in eredità nuove istituzioni politiche, il colonialismo olandese si fece più violento nell’affrontare la resistenza locale. A cavallo del secolo, le Indie Olandesi erano i principali fornitori al mondo di prodotti tropicali. Nel 1900 i Paesi-Bassi contavano cinque milioni di abitanti, la colonia ne aveva 40. Nel 1890 nasceva la Società reale olandese di sfruttamento dei giacimenti di petrolio nelle Indie Olandesi (la Koninklijke). Meno di 20 anni dopo la stessa azienda sarebbe diventata la Royal Dutch/Shell.
Dopo l’occupazione giapponese, tra il 1942 e il 1945, l’Indonesia fu il primo paese a proclamare l’indipendenza il 17 agosto 1945, per iniziativa del leader indipendentista Sukarno. Quest’ultimo riuscì là dove le contestazioni precedenti (islamica negli anni 10, comunista negli anni 20 e nazionalista negli anni 30) avevano fallito. L’Indonesia nasce a tavolino: è il prodotto di un colonialismo che ha unificato una nazione che in precedenza non esisteva. “La mappa dell’Indonesia di oggi è identica a quella delle Indie Orientali Olandesi”, nota David Van Reybrouck. Nel 1945 il paese aveva 60 milioni di abitanti; oggi ne ha 275 milioni, conta oltre 700 lingue e 1.300 gruppi etnici, ed è tra le 20 economie più ricche al mondo.
(Nella foto di Stephan Vanfleteren, tratta dal sito di Actes Sud, David van Reybrouck, 51 anni, nato a Bruges)