L’Unione europea è alla ricerca di nuovi strumenti per finanziare il sostegno se non addirittura la ricostruzione dell’Ucraina, una volta terminata la guerra con la Russia. Il tema è stato affrontato qui a Bruxelles, ma è irto di problemi tecnici e politici di non semplicissima soluzione.
È apparso chiaro a tutti che il bilancio europeo non offre pressoché più margini di manovra per operazioni finanziarie d’emergenza. A livello di G-7, l’Unione europea si è impegnata a versare all’Ucraina fino a 9 miliardi di euro a breve termine. Altro denaro sarà essenziale per partecipare alla ricostruzione del paese.
Ha avvertito nei giorni scorsi a Davos il premier belga Alexander De Croo: “È evidente che se la guerra durerà anni – siamo chiari su questo aspetto – dovremo aiutare l’Ucraina per anni”.
Nei giorni scorsi i Ventisette hanno quindi discusso delle varie opzioni sul tavolo. Una di queste prevede che si replichi lo strumento SURE utilizzato nei momenti più bui della pandemia. Ha permesso alla Commissione europea di raccogliere denaro sui mercati grazie alle garanzie degli Stati membri. In piena crisi sanitaria i fondi furono utilizzati dai governi per finanziare la cassa integrazione.
Oggi il meccanismo dovrebbe essere sfruttato per convogliare denaro verso l’Ucraina. Come detto, la questione è stata discussa a livello diplomatico. Tutti i paesi sono consapevoli della necessità, se non dell’urgenza, di trovare fondi freschi. Alcuni paesi tuttavia hanno posto questioni tecniche (che si rivelano presto politiche).
Secondo le informazioni raccolte qui a Bruxelles, la Germania ha spiegato di non poter offrire garanzie ad una operazione finanziaria che in ultima analisi prevede di inviare soldi in Ucraina, un paese in guerra la cui solvibilità è chiaramente in dubbio. Il governo tedesco ha le mani legate da norme precise, ha spiegato il suo rappresentante.
In questo contesto, Berlino ha affermato di essere pronta a versare fino a un miliardo di euro (sui nove promessi) sotto forma di sussidi, senza quindi prevederne il rimborso da parte di Kiev. La proposta tedesca scombussola le carte per gli altri paesi, che si interrogano sull’ammontare della loro quota, comunque da mettere in bilancio nella colonna delle passività.
Il nodo non è di facile soluzione. In un primo tempo, la presidenza del Consiglio europeo sperava che la questione potesse essere risolta rapidamente – almeno da un punto di vista politico, nel vertice di lunedì e martedì della settimana prossima. Addirittura, in un primo canovaccio di conclusioni del summit datato 19 maggio si parlava esplicitamente della nascita di “un nuovo strumento di solidarietà europea”.
Successivamente, in un nuovo canovaccio di conclusioni datato 24 maggio, l’espressione è sparita. Più in generale, l’Unione europea si impegna ad avere “un ruolo di primo piano” nel sostegno all’Ucraina. Secondo alcuni diplomatici, ciò non significa che il tema sia finito nel cassetto, semplicemente ci vuole più tempo per mettere a punto una soluzione accettabile per tutti. Non è chiaro se sarà possibile prima del prossimo vertice.
Questo esempio fa dire a molti diplomatici che il summit della settimana prossima rischia di non essere decisivo su vari fronti. Fu convocato (in modo impulsivo?) dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel per discutere della guerra in Ucraina, di questioni energetiche, e anche di difesa.
Diplomatici fanno notare che le ultime proposte della Commissione europea – per esempio il pacchetto REPowerEU – sono giunte fuori tempo limite. Sono troppo complesse per permettere ai paesi di valutarle pienamente in così breve tempo. “Se ne riparlerà il mese prossimo”, spiega uno di loro.