Un amico, che qui a Bruxelles lavora in una grande società francese di affari pubblici e di intelligence economica, mi ha detto qualche giorno fa che a sorpresa nelle ultime settimane il suo lavoro è aumentato improvvisamente. Sono pressoché raddoppiate le richieste di consulenza da parte di aziende europee interessate ad avere un piede nelle istituzioni comunitarie.
La ripresa dell’epidemia influenzale sta rimettendo drammaticamente in gioco il futuro dell’economia, una nuova recessione è alle porte, e nonostante ciò alcuni settori si rafforzano. Sapevamo che il confinamento di questa primavera aveva beneficiato le grandi società sulla rete – da Amazon a Google, da Netflix ad Apple. Non potevamo immaginare che anche il settore della diplomazia d’affari potesse approfittare del momento.
Eppure, il successo della società francese – di cui non dirò il nome per evitare impropria pubblicità – non è forse così sorprendente. Pur anedottico lascia intendere che il mercato stia anticipando una sempre maggiore influenza politica e soprattutto regolamentare di Bruxelles nell’Unione europea. Intendiamoci: da tempo il centro comunitario è una importante capitale mondiale. Compete con Washington per il numero di giornalisti accreditati. Ma il suo ruolo aumenterà.
Il bilancio comunitario per il periodo 2021-2027, a cui è associato l’ormai noto Fondo per la Ripresa da 750 miliardi di euro, ha un ammontare storico di oltre 1.800 miliardi euro. Con la scelta dei paesi membri di consentire alla Commissione europea di indebitarsi a loro nome sui mercati finanziari, per un totale di 850 miliardi di euro, i governi hanno accettato nei fatti di dare all’esecutivo comunitario nuovi ed estesi poteri. Crescerà il peso di Bruxelles, politico e soprattutto regolamentare.
Sul piano politico, i rendimenti delle prime obbligazioni emesse nei giorni scorsi dalla Commissione europea si sono rivelati competitivi con i titoli tedeschi. Nello stesso modo in cui i governi nazionali stanno toccando con mano i vantaggi dell’indebitarsi in comune, gli investitori finanziari hanno accolto positivamente nuovi strumenti comunitari, premiando con la fiducia il nuovo processo di integrazione europea.
Sul fronte regolamentare, spetterà alla Commissione europea “mettere in musica” il Green Deal, ossia la rivoluzione ambientale che dovrebbe rendere il continente neutrale da un punto di vista climatico entro il 2050 (1). Spetterà sempre alla Commissione europea regolare i settori più avveniristici dell’economia: dal digitale all’idrogeno – così come trovare un nuovo equilibrio nel delicato settore della concorrenza per facilitare la nascita di campioni europei. Nel contempo, l’esecutivo comunitario sarà chiamato anche a controllare l’uso a livello nazionale del denaro che prenderà in prestito e a perseguire in concreto la nuova “autonomia strategica” dell’Unione europea voluta dai paesi membri.
Non sorprende quindi che il mercato stia già reagendo, avvicinandosi al nuovo potere bruxellese. Da un lato, è la conseguenza concreta di una accelerazione del nuovo processo di integrazione europea. Dall’altro, rivela che pur lentamente il baricentro europeo si sta spostando dalle capitali nazionali alla capitale continentale. Quando gli storici studieranno l’epidemia influenzale da Coronavirus potrebbero notare che il virus ha contribuito a cambiare anche il ruolo istituzionale di Bruxelles.
(1) La neutralità climatica rappresenta il punto in cui le emissioni di gas ad effetto non superano la capacità della terra di assorbire tali emissioni.
(Nelle foto, la sede della Commissione europea a Bruxelles, il Palazzo Berlaymont che occupa il sito di un ex convento delle Dame di Berlaymont, fondato nel Seicento)