Non passa giorno senza che l’Italia tocchi con mano il suo isolamento in Europa. La politica economica del Governo Conte non piace, e viene criticata. Ormai l’apertura di una procedura per debito eccessivo è alle porte. L’atteggiamento dovrebbe far riflettere chi pensa che gli investimenti europei in Italia siano la migliore garanzia per assicurare che il paese non verrà mai lasciato solo e verrà sempre e comunque salvato dai suoi partner nel caso il braccio di ferro tra Bruxelles e Roma .
Guardiamo al caso francese. Esposta come pochi altri paesi europei all’Italia, la Francia è al tempo stesso la prima a essere preoccupata da eventuali tensioni di mercato, ma anche la prima a essere interessata al rispetto delle regole di bilancio. Secondo un rapporto della società di consulenza KPMG, tra il 2006 e il 2016 le imprese francesi hanno effettuato in Italia 186 operazioni di fusione e acquisizione per un valore totale di 52,3 miliardi di euro.
Nel solo 2017, le aziende francesi, seconde solo alle società americane, hanno finalizzato in Italia 44 operazioni per un totale di 4,7 miliardi di euro (21 invece le cessioni). Alcuni esempi mettono in luce l’esposizione francese in Italia: Amundi SA, del gruppo Crédit Agricole, ha acquistato Pioneer Investments per 3,5 miliardi di euro; due aziende, una tedesca, l’altra francese, Milione SpA e Agorà Investimenti SpA, hanno conquistato SAVE SpA per 691 milioni di euro.
Come reagirà la Francia se il governo Conte nel volere imporre la sua politica economica a Bruxelles giungesse sull’orlo del precipizio: Dominerebbe la volontà di evitare comunque sconquassi alle proprie imprese così esposte in Italia? O prevarrebbe il desiderio di difendere in ultima analisi la zona euro, le sue regole, la sua credibilità internazionale?
Molti fattori entrerebbero in gioco. Certo è che l’attuale governo francese, con tutti i suoi limiti politici e con tutte le sue idiosincrasie nazionali, crede nella necessità di rafforzare l’unione monetaria. Il ministro delle Finanze Bruno Le Maire è tra gli esponenti politici francesi più presenti nel dibattito pubblico. Quando il governo Conte decise la settimana scorsa di non ritoccare la Finanziaria per l’anno prossimo, disattendendo le speranze della Commissione europea, il ministro parlò alla rete televisiva francese France 2.
“Mi spiace che l’Italia non abbia accolto la mano tesa dalla Commissione europea. Questa aveva detto: ‘Discutiamo, dialoghiamo, cerchiamo di migliorare il bilancio’, e l’Italia si è rifiutata di aprire questo dialogo (…) Vorrei ricordare che le regole europee non sono imposte da Bruxelles, sono le nostre regole che ci proteggono, che ci rafforzano, che rafforzano la nostra zona euro e che le abbiamo tutte scelte liberamente”.
“Cosa si aspetta dalla Commissione europea – ha chiesto a quel punto l’intervistatrice -: Flessibilità perché le scelte italiane sono dettate da un voto democratico o fermezza perché le regole esistono, e per tutti?”
Bruno Le Maire ha risposto così: “Vi è stato un voto democratico anche al momento di scegliere queste regole europee. Queste regole sono uguali per tutti e quando le rispettiamo tutti insieme, ciò ci rafforza dinanzi alla Cina o dinanzi agli Stati Uniti, rafforza la nostra moneta comune. Quando un paese decide di fare le cose liberamente, senza rispettare le regole, ciò ci indebolisce tutti”.
Alla Francia di oggi è più importante assicurare la presenza dell’Italia nella zona euro a tutti i costi, nel tentativo anche di coltivare una qualche forma di competitività internazionale dell’unione monetaria, o invece è più importante garantire la compattezza e la forza della valuta unica in un contesto mondiale delicatissimo? Al di là di pur profondi legami economici e finanziari, temo si stia facendo strada la seconda opzione, e che ciò sia vero non solo a Parigi, ma anche in altre capitali europee.
(Nella foto, il ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire, 49 anni)
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