Il giovane e brillante presidente francese Emmanuel Macron è sostanzialmente impulsivo. Ha una innegabile capacità retorica e non esita a farne uso, tanto più che ha una elevata opinione di sé. Nelle ultime settimane è stato protagonista di un incredibile botta e risposta con una fetta della classe politica italiana. Di recente, ha messo in guardia contro “la lebbra” rappresentata dai movimenti più nazionalisti, dopo che il ministro degli Interni italiano Matteo Salvini aveva annunciato un censimento dei rom e spiegato: “Se gli stranieri irregolari vanno espulsi, i rom italiani purtroppo te li devi tenere a casa”. Lo stesso Capo di Stato ha poi affermato che la Francia “non ha lezioni da ricevere da nessuno” in termini di accoglienza degli asilanti, dopo che lo stesso ministro lo aveva criticato su questo versante (in particolare per non avere accolto la nave Aquarius).
Sappiamo che nell’attaccare o contrattaccare l’Italia, Emmanuel Macron ha evidenti ragioni di politica interna. Da un lato, deve farsi perdonare un controverso giro di vite nel diritto d’asilo francese, che lo ha reso oggetto di non poche critiche in patria. Dall’altro, deve tenere a bada l’estrema destra nel suo paese. Il presidente del Front National Marine Le Pen è al tempo stesso una minaccia politica e una assicurazione sul futuro. Il confronto anche acceso con i partiti più protestatari servono al presidente francese per meglio marcare le differenze e per rafforzarsi nell’opinione pubblica. Emmanuel Macron ha certo vinto a man bassa il secondo turno delle elezioni presidenziali nel maggio del 2017, ma quel voto ha messo in luce che una fetta importante dell’elettorato è vicina alle idee dei partiti più estremisti.
L’establishment italiano avrebbe gioco facile di far notare che le dichiarazioni di alcuni politici italiani non hanno nulla da invidiare a quelle di alcuni presidenti francesi del passato. Il 30 luglio 2010 Nicolas Sarkozy in un discorso a Grenoble aveva annunciato lo smantellamento dei campi rom illegali e l’espulsione delle persone illegalmente presenti sul territorio nazionale. La vicenda aveva provocato uno scontro verbale con la Commissione Barroso, preoccupata da eventuali discriminazioni razziali. Qualche anno prima, Jacques Chirac, il 19 giugno 1991 a Orléans, aveva criticato “il rumore e l’odore” dei quartieri abitati dagli immigrati nelle città francesi, suscitando non poche reazioni.
Al tempo stesso, faremmo possibilmente un errore a considerare le parole del presidente francese solo uno mero strumento di politica interna o un esempio della presunta arroganza gallica. Il discorso pubblico italiano fa paura ai partner europei. Dove va l’Italia? Sul fronte negoziale, la diplomazia francese si chiede se il governo Conte voglia veramente un accordo europeo sul fronte migratorio, attualmente oggetto di negoziato, perché per ragioni elettoralistiche gli conviene continuare a cavalcare la cosiddetta “crisi migratoria”. La tesi rischia di essere un processo alle intenzioni, ma va tenuta a mente.
Più in generale, agli occhi dei partner europei dell’Italia, le parole del ministro degli Interni Salvini preoccupano. Nel spiegare che dorme con un mattarello sotto al letto per difendersi dai malintenzionati, legittima un uso della forza che potrebbe essere illegale (gennaio 2018). Nel definire gli immigrati provenienti dalla Tunisia dei “galeotti” legittima un discorso razzista e xenofobo vietato dalla Costituzione italiana (giugno 2018). Nell’attaccare i propri partner, coltiva un pericoloso euroscetticismo che potrebbe sfociare in men che non si pensi in nuovi conflitti europei. C’è di più. Il ministro interviene in altri campi. La recente critica a dieci vaccini obbligatori “inutili e dannosi” solletica la tradizionale tendenza anti-scientifica italiana, si inquadra nel perenne confronto con l’establishment, ma soprattutto riflette un pericoloso intervento della politica, per di più generico e banale, in un settore nel quale la tecnica dovrebbe avere bene o male l’ultima parola.
È possibile che i nostri partner siano esageratamente preoccupati, e che le uscite intempestive di una parte della classe politica italiana siano, appunto, solo uscite intempestive di un dibattito tradizionalmente litigioso e sboccato, stuzzicato dallo spazio datogli da giornali e televisione. Le parole di Emmanuel Macron possono dare fastidio ed essere in alcuni casi anch’esse inappropriate. Al tempo stesso, potrebbero rivelarsi – anche per gli italiani – un utile campanello d’allarme sul cammino intrapreso dall’Italia e dall’Europa.
(Nella foto, il presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron, 40 anni e il presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte, 53 anni, domenica 24 giugno a Bruxelles)
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