C’era un tempo nella vita politica europea quando la Slovacchia di Robert Fico rumoreggiava in continuazione, e giocava la carta populista se non addirittura euroscettica. I tempi sono cambiati. O meglio gli interessi sono cambiati. La settimana scorsa, il primo ministro ha incontrato i massimi responsabili costituzionali del paese – il presidente della Repubblica e il presidente del Parlamento – ed è stata l’occasione per pubblicare un breve comunicato in cui il paese ha voluto sottolineare i suoi legami con l’Unione europea. “Una chiara continuazione dell’orientamento filo-europeo e filo-atlantico è un interesse strategico della Repubblica Slovacca”, si legge nella dichiarazione sul sito del governo slovacco. “La Slovacchia diventa un’isola pro-europea nel mezzo dell’Europa“. Negli anni passati, Bratislava è stata in trincea su vari fronti. Non ha voluto partecipare al ricollocamento dei rifugiati arrivati sulle coste greche e italiane. Ha criticato la strategia russa in Europa centro-orientale, contribuendo alle tensioni tra Mosca e Bruxelles. Ha osteggiato forme di gestione in comune nell’unione bancaria.
La presa di posizione slovacca non è banale. E’ giunta dopo che la Repubblica Ceca ha eletto un nuovo leader nazionalista, Andrej Babiš, chiamato a formare un nuovo governo dal presidente della Repubblica Milos Zeman. L’uomo, un imprenditore miliardario, si oppone a una ulteriore integrazione dell’Unione europea e guarda con sfavore alla moneta unica. Praga rischia di allinearsi così a Varsavia e a Budapest in un’ottica euroscettica, conservatrice e nazionalista. Il Gruppo di Visegrad, che raggruppa i quattro paesi dell’Europa dell’Est, appare in difficoltà. Nel contempo, dopo il voto legislativo di ottobre, anche l’Austria appare aver preso una deriva nazionalista. Dietro al comunicato slovacco vi sono motivi di politica interna e di strategia internazionale. Robert Fico ha flirtato in questi anni con l’euroscetticismo e il populismo, ma il suo paese a differenza dei suoi vicini ha adottato l’euro. L’uomo politico sa perfettamente che una uscita dell’unione monetaria non è raccomandabile. Vuole quindi evitare che il suo elettorato venga trascinato verso obiettivi simili, e mette per così dire le mani avanti, giocando la carta dell’orgoglio nazionale anche sui temi europei.
Sul fronte internazionale, il desiderio del primo ministro è di ottenere un riconoscimento europeo da poter utilizzare poi in patria. Non bisogna dimenticare che la Slovacchia sta facendo campagna su vari versanti comunitari. La capitale Bratislava è candidata a ospitare l’Agenzia europea del farmaco (EMA), che a breve dovrà lasciare Londra. La Slovacchia deve fare i conti con la concorrenza di alcune città dell’Europa occidentale – tra cui Milano, Amsterdam, Copenhagen, ma può contare sull’appoggio del presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, un ex primo ministro polacco che vuole premiare l’Europa dell’Est, penalizzata nell’accogliere agenzie comunitarie. Il voto sul futuro dell’EMA, così come dell’Autorità bancaria europea (EBA), è previsto in una riunione ministeriale il 20 novembre a Bruxelles.
La Slovacchia ambisce anche a presiedere l’Eurogruppo, l’organismo che raggruppa i ministri delle Finanze della zona euro. Il ministro delle Finanze slovacco Peter Kazimir è ritenuto da alcuni un favorito. La sua nomina sarebbe un modo per rispettare alcuni criteri o obiettivi: appartiene alla famiglia socialista; è un uomo dell’Est, apprezzato dai paesi del Nord Europa; la sua politica economica è pressoché ineccepibile (il deficit è allo 1,4% del PIL, il debito al 51,5% del PIL). L’elezione del successore di Jeroen Dijsselbloem è attesa per il 4 dicembre. E’ chiaro che il premier Fico utilizzerebbe l’ottenimento di almeno uno di questi obiettivi a fini di politica interna. Non è un caso probabilmente se il governo slovacco abbia appena votato la settimana scorsa a favore della nuova direttiva sui lavoratori distaccati, mentre molti suoi partner in Europa dell’Est si sono opposti all’accordo tra i Ventotto che deve ora essere approvato dal Parlamento europeo. Quanto la Slovacchia sia veramente cambiata è tutto da vedere. In ogni caso, oggi, ai suoi dirigenti conviene giocare la carta della cooperazione europea.
(Nella foto, Robert Fico, 53 anni, primo ministro slovacco dal 2012)
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