Il successo ottenuto da Alternative für Deutschland nelle elezioni federali di oggi è notevole. Il partito nato appena quattro anni fa è riuscito a scombussolare gli equilibri della politica tedesca, rendendo a questo punto la formazione di un nuovo governo particolarmente ardua. Per decenni, il Bundestag è stato dominato da soli tre partiti: i democristiani della CDU/CSU, i socialdemocratici dell’SPD e i liberali dell’FDP. Negli ultimi 30 anni, alla Camera Bassa si sono aggiunti via via i Verdi, i radicali di sinistra di Die Linke, e da oggi l’AfD. Nato euroscettico, il partito è diventato poco alla volta nazionalista, se non addirittura xenofobo, ed è presente ormai in 13 Landtage su 16. Un suo leader, il 76enne Alexander Gauland, ha recentemente tessuto le lodi della Wehrmacht, provocando non poche critiche. Nel nuovo Bundestag, secondo le prime stime della televisione pubblica tedesca ZDF, potrebbe ottenere quasi 90 deputati su circa 630 parlamentari (con oltre il 13% dei suffragi).
Conosciamo i motivi del successo del partito: il movimento guidato da Alice Weidel, una consulente d’impresa di 38 anni, attira tutti coloro che sono preoccupati dalla situazione sociale ed economica, soprattutto all’Est, ma anche all’Ovest. Il risultato dell’AfD è la reazione di elettori angosciati dall’incertezza del momento: il fenomeno della globalizzazione; una riunificazione faticosa; una unione monetaria che non doveva permettere né la monetizzazione del debito né il salvataggio sovrano e che invece vede la Banca centrale europea acquistare obbligazioni pubbliche e i partner europei della Grecia salvare il paese mediterraneo; per non parlare dell’arrivo di oltre un milione di rifugiati dal Vicino Oriente in un momento di graduale assottigliamento della classe media provocato tra le altre cose da una straordinaria rivoluzione digitale.
Tradizionalmente, la Germania è facile preda delle manifestazioni emotive. I tedeschi possono essere al tempo stesso romantici e radicali, melancolici ed estremisti, libertari e reazionari, tolleranti ed inflessibili. La storia della Germania negli ultimi 150 anni è quella di un pendolo che oscilla più o meno pericolosamente tra questi due poli. Nello stesso modo in cui lo spirito anarchico della Repubblica di Weimar fu la reazione all’autoritarismo guglielmino, oltre che il risultato della sconfitta nella Grande Guerra, l’avvento del Nazismo fu la risposta alle conseguenze della Gran Depressione, ma anche e forse soprattutto degli eccessi libertari degli anni 20.
Facendo le debite proporzioni, il successo di oggi dell’AfD non ha una natura dissimile. I suoi elettori sono preoccupati da un futuro esitante, da regole incerte, da prospettive dubbiose. In fondo, dinanzi a decisioni troppo liberali – dall’accoglienza dei rifugiati mediorientali all’esperimento di una moneta unica europea – chiedono un ritorno all’Ordnung. La stessa Grande Coalizione che ha governato la Germania in questi ultimi anni ha contribuito a un rafforzamento degli estremi sulla scena politica tedesca. Non per questo il destino della Germania è sancito. La storia non necessariamente si ripete nello stesso modo. Peraltro, forte di istituzioni credibili e influenti, il paese è capace di difendersi dal germe dell’estremismo. La stessa AfD è attraversata da tensioni interne che potrebbero minarne la stabilità. Eppure, il segnalo proveniente oggi da Berlino non può essere ignorato, fosse solo perché il governo della Germania appare più difficile che in passato.
(Nella foto, Alice Weidel, candidata-cancelliera dell’AfD nelle elezioni federali del 24 settembre 2017)
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