Nella retorica europea, si spiega comunemente che l’Unione europea deve servire ai singoli piccoli paesi membri per pesare di più a livello internazionale e affrontare con maggiore successo le superpotenze americana, cinese, e anche russa o brasiliana. Ai più, il ragionamento è chiaro a livello economico. La cronaca di questi giorni mostra che la forza dell’Europa si può declinare anche in altri campi. Al numero 86 di un anonimo palazzo della Rue de la Loi a Bruxelles ha sede l’Emergency Response Coordination Center (ERCC). La sala in sé al piano terra dell’edificio non ha nulla di spettacolare. Una serie di scrivanie, molti computer, e su una parete una serie di grandi schermi. Alcuni trasmettono le immagini delle principali reti televisive di sole notizie. Altri invece mostrano grandi mappe in movimento: l’andamento dei tifoni nei Caraibi, l’epicentro del recente terremoto in Messico, l’evoluzione del clima in altre zone del mondo. Dalla sua sede bruxellese, l’organismo europeo monitora disastri climatici, catastrofi naturali e altre crisi 24 ore su 24, sette giorni su sette. Il centro conta 40 persone, di cui 22 turnano 24 ore su 24. In ogni momento di una giornata, due se non tre persone sono di turno. Durante una recente visita organizzata per un gruppo di giornalisti, a una delle scrivanie siede una signora bulgara: “Sto gestendo una missione europea che sta per partire in Afghanistan…”, mi spiega mentre con la cuffia in testa aspetta che le rispondano al telefono. Attualmente l’ERCC sta seguendo passo passo l’evoluzione del clima nei Caraibi. Tra le altre cose, ha attivato Copernicus, un sistema di mappatura satellitare del pianeta che deve servire ad aiutare le operazioni di soccorso, in particolare dopo il passaggio di Irma, l’uragano che in queste ore ha appena colpito la Florida e costretto oltre sei milioni di persone a lasciare le loro abitazioni.
In questi ultimi giorni, Copernicus ha prodotto 10 mappe delle isole della Guadalupa, di Saint Barthélémy e Saint Martin (su richiesta della Francia); due mappe dell’isola di Sint Maarten (su richiesta dell’Olanda); mentre altre 16 mappe sono state prodotte per le aree di Haiti e della Repubblica Dominicana, su iniziativa dell’ERCC stesso. In occasione del recente uragano Harvey, Copernicus è stato attivato su domanda americana e ha messo a disposizione mappe dettagliate dei danni subiti nello stato del Texas. Dal 2014, l’Unione si è dotato di un organismo volontario che raggruppa i paesi membri disponibili ad aiutare nel caso di catastrofi naturali a livello internazionale. Vi partecipano attualmente 20 paesi su 28. In tutto mettono a disposizione dell’Unione oltre 80 unità specializzate: dagli aerei anti-incendio ai laboratori anti-contaminazione, dalle squadre di medici all’assistenza informatica. La Francia è il paese più generoso in termini di varietà delle unità disponibili, seguita dalla Germania, dall’Italia e dalla Svezia. Da solo, nessun paese europeo ha i mezzi per fare la differenza quando si tratta di affrontare una emergenza naturale come quelle che stanno colpendo in questi giorni i Caraibi e gli Stati Uniti. Nello stesso modo in cui l’Unione europea rafforza la presenza a livello internazionale dei singoli paesi membri–grazie a una moneta unica, a una politica commerciale unica, e a un grande mercato unico–anche il volano europeo nel caso di catastrofi ed emergenze diventa fonte di rapidità ed efficienza a livello mondiale.
(Nella foto, uno scorcio dell’Emergency Response Coordination Center della Commissione europea a Bruxelles)
NB: Dal fronte di Bruxelles (ex GermaniE) is also on Facebook