E’ con relativo ottimismo che l’establishment comunitario ha accolto la decisione della prima ministra britannica Theresa May di annunciare elezioni anticipate per il prossimo 8 giugno. Diplomatici nazionali e funzionari comunitari sono convinti che la scelta dovrebbe in Europa fare chiarezza sulla strategia del governo inglese e in patria rafforzare la posizione della signora May nelle prossime trattative sull’uscita del suo paese dall’Unione. Almeno tre i vantaggi agli occhi di esponenti bruxellesi. Prima di tutto, il voto dovrebbe consentire alla prima ministra di avere una maggioranza più solida (oggi è di appena 17 seggi ai Comuni). In secondo luogo, le nuove elezioni metteranno i deputati conservatori dinanzi alle loro responsabilità. I falsi brexiters e i falsi remainers saranno costretti a uscire allo scoperto. Si farà chiarezza sulle correnti presenti nel partito tory inglese. In terzo luogo, la signora May potrà anche prendere le distanze da quello che ha detto in passato: il voto apre un capitolo nuovo e fa tabula rasa dei mesi scorsi (compresa la promessa rinnegata di non annunciare elezioni anticipate). “E’ arrivata al potere senza essere eletta perché il suo predecessore, David Cameron, è uscito di scena all’improvviso – spiega un alto responsabile comunitario –. Dopo il voto dell’8 giugno avrà una nuova autorità che potrà utilizzare nelle trattative”. Naturalmente, salvo sorprese, ricorrenti in questi tempi politicamente incerti.
Nel frattempo, i Ventisette stanno negoziando le linee-guida negoziali che i capi di stato e di governo dell’Unione devono approvare sabato 29 aprile. Settimana prossima i rappresentanti diplomatici dei governi si riuniranno per un ultimo giro di tavolo. Il testo del mandato negoziale, in tutto sei pagine distribuite dal presidente del Consiglio europeo Donald Tusk il 31 marzo scorso, è stato corretto qua e là, ma senza che ci siano stati cambiamenti importanti. “Gli interventi dei vari governi si sono neutralizzati a vicenda”, spiega un negoziatore. “In fondo la prima versione del testo si è dimostrata un corretto punto di equilibrio”. Due i punti ancora controversi: la trattativa in due fasi, così come gli aspetti legati al trattamento giuridico dei cittadini e agli impegni finanziari che il Regno Unito ha nei confronti dell’Unione.
Sul primo fronte, la formula prevede che si passi dalle trattative sul divorzio al negoziato sul partenariato quando sul primo versante sarà stato compiuto “sufficiente progresso”. Così dice il canovaccio del testo. “Bisogna decidere se ammorbidire la formula e come ammorbidirla nel caso”, spiega il negoziatore. Alcuni paesi – come il Belgio, l’Olanda, l’Irlanda o la Danimarca – sono preoccupati da Brexit. Vogliono assicurarsi di poter avere un rapporto costruttivo con il Regno Unito, anche dopo l’uscita del paese dall’Unione. Al tempo stesso, nessuno vuole concedere alla Gran Bretagna, una volta uscita, particolari vantaggi legati in origine alla sua appartenenza alla costruzione europea. Mentre sul versante finanziario, i Ventisette sono uniti, sul fronte invece della tutela giuridica dei cittadini europei in Gran Bretagna c’è chi vuole emendare il testo per rafforzare ulteriormente le garanzie a favore di queste persone. Lo sguardo corre alla Polonia, il cui governo nazionalista e conservatore è un negoziatore poco diplomatico, spesso alla ricerca di un confronto duro con Bruxelles anche per rafforzare la sua immagine in patria. “Vorranno dare battaglia su questo aspetto, fosse solo per motivi di politica interna, ma vorranno anche assicurare certezza giuridica ai loro cittadini nel Regno Unito. Non mi aspetto troppi problemi”. Sono circa 800mila i polacchi residenti in Gran Bretagna.
Superato lo scoglio del 29 aprile, con l’approvazione politica delle linee-guida negoziali, la Commissione europea presenterà il 3 maggio il progetto di direttiva che precisa punto per punto le stesse linee-guida. Secondo i programmi comunitari questo dovrebbe essere approvato dai Ventisette in una riunione ministeriale a Bruxelles il 22 maggio prossimo. Trattative formali inizierano da lì a poco, probabilmente dopo il voto britannico dell’8 giugno. Nell’entourage di Michel Barnier, si fa sapere che il capo-negoziatore europeo si sentirà autorizzato a prendere contatto informale con Londra fin dal 29 aprile, una volta avuto il via libera dei leader politici.
(Nella foto, la prima ministra britannica Theresa May, 60 anni)
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