Mancano quattro settimane al primo turno delle presidenziali francesi del 23 aprile. Qui a Bruxelles l’impressione prevalente è che favorito sia Emmanuel Macron, il leader di En Marche! Agli occhi dell’establishment comunitario, il candidato centrista dovrebbe poter prevalere al primo turno e poi finalmente battere Marine Le Pen, la candidata del Front National al secondo turno previsto il 7 maggio. Altrettanto chiare sono le previsioni per le elezioni tedesche di settembre: a vincere sarà l’attuale cancelliera Angela Merkel. Non si crede che l’avversario socialdemocratico Martin Schulz riesca a batterla, nonostante l’incredibile ripresa nei sondaggi. In buona sostanza – è il ragionamento prevalente qui a Bruxelles – sia Berlino che Parigi dovrebbero essere governate entro la fine dell’anno da una leadership riformista ed europeista, avendo sconfitto nei fatti sia Alternative für Deutschland che il Front National. Mentre in Germania un remake della grande coalizione appare probabile, in Francia l’eventuale vittoria di Macron, 39 anni, non risolverebbe tutti i problemi. Il candidato centrista si aspetta che gli elettori gli diano una solida maggioranza alle legislative di luglio, ma nulla è più incerto per un uomo politico che non ha alle spalle un vero partito. Al netto di questa incertezza, Bruxelles ha ragione nello sperare che la presenza di una leadership europeista nei due principali paesi europei possa finalmente cambiare gli equilibri nell’Unione e ridare slancio all’integrazione comunitaria.
La diplomazia italiana guarda con apprensione a questa possibilità. In questi anni, il governo italiano si è nascosto dietro alla Francia nei suoi rapporti con Bruxelles e Berlino, approfittando della ritrosia francese a riformare l’economia e dell’incertezza provocata dalle cruciali elezioni presidenziali per evitare impegnative misure di risanamento del debito pubblico. Indebolito sul fronte interno e di per sé poco decisionista, il presidente François Hollande ha avuto posizioni caute su molti dossiers europei: dall’unione bancaria al bilancio dell’euro. Sul chi vive per via della forza relativa del Front National, non ha voluto rimettere in discussione gli equilibri della società francese. Mentre Parigi difendeva il ruolo della mano pubblica nell’economia francese, Roma ne approfittava per preservare l’assetto clientelare della società italiana. Poco importa se la situazione francese è assai meno grave e preoccupante di quella italiana. Poco importa se a differenza della Francia l’Italia è buon ultima nelle previsioni di crescita della Commissione europea per il 2017-2018. Gli stessi scandali di cui è stata vittima la classe politica francese in questi mesi hanno consentito all’establishment italiano di auto-perdonarsi molti suoi peccati con una buona dose di Schadenfreude. Se Emmanuel Macron dovesse giungere all’Eliseo e riuscisse a mettere in pratica il suo programma elettorale, segnato da integrazione europea e modernizzazione economica, l’Italia rischia di rimanere isolata come non mai e di essere posta con le spalle contro il muro. Procrastinare l’esame di coscienza e le misure di risanamento di cui il paese ha drammaticamente bisogno diventerebbe più difficile. Sarà l’establishment italiano sufficientemente lucido per capire che l’eventuale elezione di Emmanuel Macron è in fondo un blessing in disguise e una occasione per riformare il paese?
(Nella foto, Emmanuel Macron, 39 anni, il candidato centrista all’Eliseo e leader di En Marche!)
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