Il vertice europeo qui a Bruxelles la prossima settimana servirà a discutere della situazione economica; a prendere posizione contro il protezionismo americano; a preparare il summit di Roma del prossimo 25 marzo che celebrerà il sessantesimo anniversario dell’Unione; e infine a rinnovare per altri due anni e mezzo il mandato di Donald Tusk alla presidenza del Consiglio europeo. Su quest’ultimo fronte, la partita si è improvvisamente complicata. Il paese di cui Donald Tusk è cittadino, la Polonia, si è espresso contro il rinnovo del mandato. Addirittura, con una nota diplomatica, il ministro degli Esteri polacco Witold Waszczykowski ha nominato un candidato alternativo: “Ho appena indicato il nome di Jacek Saryusz-Wolski“, un parlamentare europeo, ha detto sabato con una dichiarazione all’agenzia di stampa PAP il capo della diplomazia polacca. L’attuale presidente del Consiglio europeo, il cui mandato termina a fine maggio, è un liberale, all’opposizione rispetto al governo conservatore del partito nazionalista Legge & Ordine che guida la Polonia dal 2015. Osservatori a Bruxelles e a Varsavia considerano la scelta dell’esecutivo polacco una decisione di politica interna, il riflesso del desiderio di mostrare ai propri simpatizzanti che nella capitale belga il governo fa sentire la propria voce. “Il rinnovo del mandato di Donald Tusk è una partita già conclusa”, assicurava giovedì un alto funzionario europeo. Diplomatici di vari paesi si dicono dello stesso avviso, mentre la presidenza maltese dell’Unione spiega che la proposta polacca non è che un passaggio “in un normale processo democratico”.
Non solo per ora la Polonia appare sola nel contrastare Donald Tusk, ma l’elezione del presidente del Consiglio europeo avviene a maggioranza qualificata. Due anni e mezzo fa, l’ex premier polacco fu nominato all’unanimità, ma in altre circostanze alti dirigenti comunitari sono stati nominati senza ottenere il consenso di tutti i paesi membri. Jean-Claude Juncker fu eletto presidente della Commissione europea malgrado l’opposizione dell’allora premier britannico David Cameron. Federica Mogherini divenne l’Alta Rappresentante per la Politica estera e di Sicurezza nonostante la contrarietà della presidente lituana Dalia Grybauskaité. Donald Tusk può quindi benissimo essere rieletto senza l’appoggio del suo paese. Neppure l’ipotesi che possa essere nominato un socialista per controbilanciare l’arrivo del popolare Antonio Tajani alla guida del Parlamento europeo è attualmente molto convincente. La voce secondo la quale a Bruxelles potrebbe giungere il futuro ex presidente francese, il socialista François Hollande, non trova conferma. Alcuni diplomatici notano che non vi è alcun segnale in questo senso proveniente dagli ambienti del partito socialista europeo e che una eventuale nomina di François Hollande scardinerebbe gli equilibri Est-Ovest nell’Unione. Forse vi è da parte dell’attuale capo dello stato francese una qualche forma di wishful thinking, di pio desiderio. Al di là delle ambizioni degli uni e delle voci degli altri, Donald Tusk appare godere del rispetto dei suoi pari, dopo essere riuscito in questi difficili anni a gestire situazioni complesse: dalla crisi del debito greco all’uscita del Regno Unito dalla Gran Bretagna. In un primo tempo è stato accusato di essere troppo attento alle priorità dell’Est, non sufficientemente sensibile agli interessi dell’Europa dei paesi fondatori. Oggi sembra assai più a suo agio alla guida di un organismo complesso quale il Consiglio europeo.
(Nella foto, Donald Tusk, 59 anni, l’attuale presidente del Consiglio europeo il cui mandato di due anni e mezzo scade a fine maggio)
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