Ancora una volta le ultime vicende europee hanno visto l’Italia e la Germania su fronti opposti. L’argomento in questi giorni riguarda il modo in cui ridurre i rischi nei bilanci bancari in vista della nascita di una assicurazione in solido dei depositi creditizi. L’aspetto ha un che di tecnico e noioso, ma è in realtà politico e delicato. La Germania insiste per introdurre limiti alla detenzione di titoli di Stato nei portafogli bancari perché teme circoli viziosi tra crisi sovrana e crisi bancaria, soprattutto nei paesi ad alto debito pubblico. Alcuni dati pubblicati alla fine dell’anno scorso dall’Autorità bancaria europea (EBA) sono particolarmente interessanti perché offrono una panoramica dei bilanci bancari più originale di quanto non prevalga nei commenti di stampa. Prima di tutto, delle 105 principali banche europee quella che ha la più elevata esposizione al proprio debito pubblico è francese. E’ la Société de financement local ed ha una esposizione pari a 29 volte il proprio capitale. Enorme. La prima delle italiane è quarta in classifica, dopo due olandesi, ed è la ICCREA Holding con una esposizione poco superiore a 9 volte il capitale. La prima delle tedesche è subito dopo, la WGZ Bank, con una esposizione al debito pubblico tedesco pari a 6 volte il capitale. Sono valori molto alti. L’introduzione di limiti rigidi rischia di indurre vendite ingenti di titoli di Stato, che potrebbero destabilizzare il mercato. Al tempo stesso, l’assenza di requisiti implica che nel caso di uno shock sovrano, in qualsiasi paese, i mercati metteranno in dubbio la solvibilità delle banche che hanno quote così elevate del capitale impegnate in titoli di Stato del proprio paese.Ancor più interessanti sono i dati dell’EBA per paese (per completezza, la classifica dei 105 gruppi bancari più grandi d’Europa comporta 14 banche italiane e 20 banche tedesche). A livello nazionale, l’Italia è certamente il paese che ha la più importante esposizione al debito pubblico nazionale: in media pari a 1,8 volte il capitale delle banche. La proporzione è elevata, soprattutto rispetto a una media europea di 1,0, ma non molto più elevata di quella tedesca – 1,6 – o polacca – 1,5 – o anche spagnola – 1,3. A sorpresa, la Francia ha una esposizione media assai più bassa, con una esposizione al debito pubblico pari allo 0,7 del capitale. Le statistiche dell’EBA fanno anche una differenza opportuna tra il modo in cui le obbligazioni sono valutate in bilancio. Per tradizione bancaria e per scelta regolamentare, in Italia solo il 23% dei titoli di Stato è nei libri contabili a valore storico. Il resto è stato inserito nei portafogli a valore di mercato, e oscilla a seconda delle contrattazioni. Lo stesso vale per la Spagna e per l’Irlanda. Viceversa, in Germania il 62% del debito detenuto dagli istituti di credito è stato inserito nei libri contabili a valore storico. Lo stesso hanno scelto di fare il Belgio o la Francia. Sembra che le banche dei paesi scottati dalla crisi del debito sovrano abbiano adottato nel frattempo una gestione più attiva di questo rischio. Le differenze, come detto, dipendono soprattutto da diverse tradizioni nazionali, e non sono banali. I portafogli bancari italiani sono assai più sensibili alle oscillazioni di mercato del debito pubblico di quelli tedeschi. Nello stesso modo in cui un rialzo dei prezzi può favorire esageratamente la salute degli istituti di credito italiani, la scelta contabile tedesca può occultare eventuali perdite nel caso di un ribasso dei prezzi. In questo contesto, c’è da chiedersi se il compromesso tra una Germania, che vuole imporre tetti alla detenzione del debito pubblico, e una Italia, che si oppone perentoriamente a qualsiasi requisito per paura di mettere in pericolo la stabilità del suo mercato bancario, non debba essere proprio l’adozione generalizzata del principio del mark-to-market nella valutazione delle esposizioni sovrane, vale a dire l’inserimento dei titoli in bilancio al prezzo di mercato. Sarebbe un modo per tenere al guinzaglio gli istituti di credito ed evitare che investano senza limiti a sostegno del proprio governo in caso di crisi, magari utilizzando i finanziamenti a basso costo della Banca centrale europea – il problema che assilla i tedeschi. Nel contempo, sarebbe anche un modo per evitare di imporre tetti rigidi che finirebbero per creare difficoltà nel collocamento di titoli di Stato da parte dei paesi con più elevato debito – la questione che più preoccupa l’Italia e gli altri paesi colpiti dalla crisi del debito sovrano nel 2011-2012. In ultima analisi, questo compromesso potrebbe forse spianare la strada all’adozione di una assicurazione unica dei depositi, terzo e ultimo tassello di una cruciale unione bancaria.
(Nella foto, il ministro dell’Economia italiano Pier Carlo Padoan, 66 anni, che in occasione di una recente riunione dei ministri delle Finanze europei si è opposto a qualsiasi limite alla detenzione di titoli di Stato da parte delle banche)
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