La doppia sfida – dell’emergenza rifugiati e del terrorismo islamico – sta provocando in seno all’establishment comunitario un nuovo dibattito sul futuro della politica economica nella zona euro. La recente scelta della Commissione europea di valutare con magnanimità l’impatto sul deficit pubblico della spesa dedicata alla sicurezza è solo la punta di un iceberg. Il fattore geopolitico si è aggiunto all’elemento economico ed è ormai diventato un parametro di cui l’esecutivo comunitario non potrà tenere conto quando in maggio valuterà le Finanziarie del 2016 e le prospettive per il 2017. Il mese prossimo, la Commissione europea sarà chiamata a valutare il progetto di bilancio dell’Italia per quest’anno, che prevede la richiesta di flessibilità di bilancio alla luce di investimenti pubblici e di riforme strutturali per un totale di 0,8% del prodotto interno lordo. Non solo l’ammontare è elevato, supera il tetto dello 0,75% deciso dai governi, ma questo tipo di flessibilità può essere accordata solo per un anno. A queste clausole di flessibilità si aggiunge magnanimità per quanto riguarda la spesa per i rifugiati e la spesa per la sicurezza. L’analisi della Commissione europea si baserà sui dati di finanza pubblica per il 2015, una precisa Finanziaria per il 2016, e una prima prospettiva per il 2017. “In teoria la spesa per rifugiati e la spesa per sicurezza sono dossiers che l’esecutivo comunitario vuole tenere separati dalle clausole di flessibilità più tradizionali – spiega un esponente comunitario -. Nella pratica questo sarà molto difficile. E’ sempre più evidente che l’analisi attesa in maggio sarà molto politica, meno tecnica”. Molti i paesi che hanno conti pubblici in bilico: nella zona euro, oltre all’Italia, certamente la Spagna, il Portogallo, Malta, il Belgio. La situazione internazionale sta provocando, come non mai, incertezze economiche ma anche politiche. La guerra civile in Siria continua a infragilire il Vicino Oriente; il rapporto con la Turchia è molto difficile; così è anche la relazione con l’Egitto; la Libia è fonte di instabilità politica ed è il trampolino di migliaia di persone che vogliono raggiungere l’Europa. Peraltro, nella stessa Europa, il futuro della Gran Bretagna così come le prospettive della Grecia provocano nuovi drammatici dubbi sull’avvenire dell’Unione, e inducono l’establishment comunitario alla cautela. “Nonostante le difficili trattative per trovare un accordo su un nuovo esborso di aiuti, parlare di Grexit è fuori luogo – spiega un alto responsabile europeo -. La Germania non ne vuole sentire parlare: la Grecia è un tassello cruciale in una soluzione della crisi dei migranti”. Oltre alla crisi migratoria e al contesto internazionale, la sfida del terrorismo ha scosso l’opinione pubblica dopo gli attentati di Parigi e di Bruxelles, che insieme hanno provocato 162 vittime. E’ interessante notare che lo stesso Patto di Stabilità è oggetto di dibattito. La presidenza olandese dell’Unione ha preparato un rapporto per proporne la semplificazione. Nel frattempo, la Corte dei Conti dell’Unione nella sua relazione annuale ha appena criticato la messa in opera del trattato da parte della Commissione, notando sempre più tensione tra discrezionalità politica e applicazione tecnica. Non è ancora chiaro quale sarà l’esito del dibattito sul futuro del Patto di Stabilità. In questo momento, non si vuole cambiare le regole, solo semplificarle. Per ora, la Commissione europea sta valutando se e come reagire all’incertezza internazionale e alle sfide geopolitiche con scelte che siano al tempo stesso accomodanti da un punto di vista economico e accettabili in una ottica politica.
(Nella foto, una via di Parigi colpita dagli attentati terroristici del 13 novembre 2015 nei quali sono morte 130 persone)
NB: Dal fronte di Bruxelles (ex GermaniE) è anche su Facebook