Forse mai come di questi tempi la politica europea sta mettendo drammaticamente alla prova l’europeismo della Germania. L’emergenza dei rifugiati, la perdurante crisi greca, e soprattutto le straordinarie misure di politica monetaria della Banca centrale europea sono fonte di grande preoccupazione nella Repubblica Federale. Basta osservare la forza assunta da Alternative für Deutschland, il partito nato appena tre anni fa e che ormai nei sondaggi raccoglie il 14% delle intenzioni di voto. Il movimento euroscettico è ormai presente nei parlamenti regionali di otto Länder su 16. Per molti versi, è la politica monetaria di Francoforte a preoccupare maggiormente la popolazione tedesca. Nei giorni scorsi, il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble ha accusato la BCE di provocare “problemi straordinari” e di avere favorito l’ascesa dell’AfD. Ad alcuni l’interferenza politica è sembrata fuori luogo, un attentato all’indipendenza della banca centrale. In realtà, quest’ultimo principio è spesso stato disatteso nella Repubblica Federale. Negli anni 50, l’allora cancelliere Konrad Adenauer non esitava a definire i banchieri della Bundesbank dei “frigoriferi”, insensibili alle ragioni della politica. Il ministro democristiano non ha probabilmente tutti i torti, anche se ancora una volta non è stato chiaro nell’esporre il suo ragionamento. Ai suoi occhi, la scelta dell’istituto monetario di ridurre il tasso di riferimento a 0; di remunerare le banche che chiedono a prestito presso la BCE; di accelerare gli acquisti di titoli sul mercato sono tutte scelte pericolose, che rimettono in discussione i cardini secolari su cui poggia l’economia di mercato. In Belgio, un paese che non ha la tradizione economica e i tic monetari della Germania, un commentatore radiofonico della RTBF ha annunciato nei giorni scorsi che i tassi variabili offerti a suo tempo ad alcuni creditori da BNP Paribas Fortis e ING sono scesi sotto allo 0. “Loufoque”, folle, ha detto il commentatore belga. In Germania, questa eventualità è vista con ancor più preoccupazione. Il timore non riguarda (solo) i conti finanziari di questa o quella banca, di questa o quella assicurazione, o ancora le prospettive delle pensioni future. In un paese naturalmente angosciato dall’incertezza e tutto rivolto al futuro, la scelta della BCE di imboccare una strada impervia, mai percorsa prima, è fonte di timori più profondi. C’è la paura di bolle, di tracolli, di fine del mondo. Forse non bisogna essere tedeschi per interrogarsi con preoccupazione alla possibilità che un debitore venga remunerato dal suo creditore? In molti paesi prevale il pragmatismo o la scelta di concentrarsi sul presente. In Germania domina una visione morale dell’economia. All’annuncio degli ultimi controversi provvedimenti, la stampa tedesca era stata praticamente unanime nel criticare l’istituto monetario. In questo contesto, l’euroscettica AfD appare rassicurante. Critica l’assetto attuale dell’unione monetaria, chiede una modifica radicale dei principi su cui poggia la zona euro. Sorprende se in questo momento è vista favorevolmente da molti tedeschi? Il pericolo è che possa crescere ulteriormente, e con essa l’euroscetticismo tedesco, se i partiti più tradizionali non riusciranno a spiegare agli elettori che la politica monetaria della BCE, per quanto osée sia, è il rischio da pagare per tentare una uscita dalla crisi. Torna in mente una analisi del 2010 in cui Joachim Fels, economista di Morgan Stanley, si chiedeva se i dubbi tedeschi sul futuro dell’euro non indurranno a un certo punto la Germania a lasciare la moneta unica.
(Nella foto, il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble, 73 anni)
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