Sta prendendo forma la nuova politica migratoria dell’Unione europea, ma in modo talmente graduale che ogni passo in avanti comporta spesso il rischio di fare del surplace. La Commissione europea ha presentato ieri una attesa proposta di corpo europeo di guardie di frontiera. A dire il vero, non sarà un corpo a sé stante di doganieri comunitari, ma una riserva del 2-3% di persone provenienti dai corpi nazionali di guardie di frontiera. Potrà essere dispiegata in pochi giorni alla frontiera esterna dell’Unione quando il paese responsabile del controllo del confine è sopraffatto dagli eventi. Il progetto prevede che sia indispensabile il benestare del paese coinvolto, salvo in circostanze eccezionali quando questo accordo non sembrerebbe necessario. L’argomento è controverso, il testo legislativo ambiguo, il terreno istituzionale scivoloso, e lo stesso commissario europeo all’immigrazione Dimitri Avramopoulos ha ammesso: “Il progetto prevede un trasferimento di responsabilità, senza toccare alla sovranità di un paese (…) Nulla può accadere senza la cooperazione degli Stati”. L’iniziativa, che deve essere approvata dal Parlamento e dal Consiglio, è già stata criticata da alcuni paesi. In prima battuta la Polonia e l’Ungheria. Poco importa, per ora. Se il progetto dovesse passare, anche nella sua versione minimalista, sarebbe un nuovo tassello nel processo di integrazione europea, attraverso una federalizzazione delle competenze. Il problema è un altro. È assolutamente giusto rendere sempre più comunitario il controllo delle frontiere esterne dell’Unione; ma ciò deve avvenire in associazione con una integrazione simile negli altri aspetti della politica migratoria. L’Europa si è dotata di un piano di ricollocamento dei rifugiati e dei profughi arrivati in particolare in Italia e in Grecia. Parlamento e Consiglio hanno approvato un progetto di redistribuzione di 160mila persone su due anni. Il ricollocamento, tuttavia, sta avvenendo molto lentamente. Secondo le ultime cifre pubblicate proprio ieri dalla Commissione europea, appena 1.041 persone sono state ricollocate o verranno ricollocate dall’Italia verso gli altri paesi membri dell’Unione. Con la stessa lentezza o quasi sta avvenendo il reinsediamento, vale a dire, il trasferimento verso l’Europa dei profughi ancora all’esterno dell’Unione. Per non parlare dei rimpatri (su cui peraltro è possibile avere dubbi morali: perché rimpatriare persone per il semplice fatto che non ha diritto all’asilo ma fuggono la miseria economica?): 14.113 nel corso del 2015. La situazione è ancora più paradossale se si guarda al diritto di asilo. Attualmente vale ancora il Principio di Dublino, secondo il quale è il paese di primo arrivo quello responsabile di accogliere il rifugiato. Spiegava di recente un alto responsabile europeo: “Non vedo come si possa affidare alla Grecia il controllo delle proprie frontiere e al tempo stesso europeizzare le conseguenze di questa scelta”. Viceversa, notava sempre negli ultimi giorni un rappresentante nazionale: “Non vedo come si possa proporre un corpo di guardie di frontiera europeo, senza avere una politica dell’asilo integrata”. I due punti di vista sottolineano la necessità di agire contemporaneamente su tutti i fronti in un contesto nel quale – per interessi nazionali divergenti – c’è chi mette l’accento sul controllo degli arrivi e chi viceversa è preoccupato dalla presenza sul proprio territorio di migliaia di profughi. Nell’ottica degli stati che confinano con paesi terzi, la nascita di un corpo di frontiera senza una riforma del Principio di Dublino comporta il pericolo di creare una struttura europea per proteggere i confini esterni dell’Unione lasciando comunque al paese di primo sbarco l’impegno di gestire gli arrivi, soprattutto se nel frattempo ricollocamento, reinsediamento e rimpatri non funzionano. La Commissione europea ha promesso che presenterà un progetto di riforma del diritto d’asilo europeo e del Principio di Dublino nel primo trimestre dell’anno prossimo. Solo a quel punto avremo un quadro completo della nuova politica migratoria e potremo forse toccare con mano la reale posizione dei Ventotto.
(Nell’immagine, la polizia greca effettua un controllo dei profughi in arrivo dal Vicino Oriente)