Nei fatti, il presidente francese François Hollande ha attribuito la responsabilità degli attacchi terroristici di ieri sera a Parigi allo Stato islamico (ISIS). Le autorità francesi ammettono che certezze non vi saranno a breve perché i corpi dei terroristi sono stati dilaniati dalle bombe che loro stessi hanno fatto esplodere, ma i sospetti sono chiari. Se questi venissero confermati, la spiegazione di questi attacchi non va ricercata solo nella scelta francese di attaccare l’ISIS in Irak o in Siria. Gli attentati sono probabilmente un atto di ritorsione, ma non solo. Agli occhi del terrorismo islamico, la Francia è oggi più di altri paesi l’anello debole europeo – sociale, politico, ed economico – tanto che c’è da chiedersi se dietro all’obiettivo Francia non si nasconda l’obiettivo Europa. Per decenni, se non per secoli, il paese ha fatto dell’assimilazione il modo in cui integrare gli stranieri che arrivavano sul suo territorio. Chi si stabiliva in Francia diventava cittadino francese, se giovane in primo luogo attraverso il curriculum scolastico. Non c’è paese in Europa che abbia l’ambizione di formare nella scuola di Jules Ferry (1832-1893) il proprio cittadino come la Francia. Nel corso degli ultimi anni, il processo di assimilazione si è rivelato però sempre più difficile da realizzare in un contesto sociale segnato dalle nuove tecnologie (Facebook, Twitter, You Tube, Skype, Instagram) e dai nuovi mezzi di trasporto più rapidi e meno costosi. Imporre ai nuovi immigrati di chiudere la porta del loro passato, assumendo le abitudini francesi, è diventato molto più complesso. L’assimilazione, anche attraverso il principio della laicità dello Stato e dei luoghi pubblici, è vissuta come una imposizione anacronistica e ingiustificata da molti immigrati o figli di immigrati (curiosamente, l’integrazione più morbida, alla tedesca, è ritenuta finora più accettabile). Nel tempo, le tensioni sociali in Francia hanno rafforzato l’estrema destra. In un paese che ancora non ha completamente digerito la decolonizzazione dell’Algeria e l’emigrazione di un milione di pieds-noirs nel solo 1962, il Fronte Nazionale è il naturale punto di riferimento dei nazionalisti e degli xenofobi. Il movimento dei Le Pen (il padre Jean-Marie e la figlia Marine) ha cavalcato con successo in questi anni l’insicurezza generata da un processo di assimilazione en panne, a cui si è aggiunta la crisi di un paese economicamente invecchiato e strutturalmente indebolito. Dinanzi a una tripla sfida che ha creato un incredibile circolo vizioso – la crisi del processo di assimilazione, la forza crescente del Fronte Nazionale, la fragilità dell’economia – l’establishment politico francese è come paralizzato. Ostaggio dei Le Pen, lo sguardo rivolto sempre al prossimo test elettorale. Stretto tra le sue convinzioni, i suoi acquis e le sue paure, il paese è in evidente difficoltà. Ogni scelta comporta rischi, almeno nel breve termine. Rivedere il processo di assimilazione significa rafforzare ulteriormente l’ala estrema della società francese. Lo stesso provocano le riforme economiche che scatenano nuove incertezze. E’ questo il contesto nel quale sono avvenuti gli attacchi terroristici a Parigi. Nel colpire la Francia, il terrorismo islamico ha colpito un paese europeo particolarmente fragile, il cui europeismo deve sempre fare i conti con il proprio souverainisme. In questo senso, gli attentati di ieri – che rafforzeranno inevitabilmente i partiti nazionalisti in tutto il continente, anche nel dibattito sulla gestione dei profughi in arrivo dal Vicino Oriente – prendono di mira l’Europa e rappresentano un rischio per il futuro dell’integrazione nell’Unione.
(Nella foto, il presidente francese François Hollande, 61 anni, mentre si rivolge al paese nella notte tra sabato e domenica)