La decisione della Germania di reintrodurre domenica a sorpresa controlli d’identità alla frontiera con l’Austria pur di frenare l’arrivo di migliaia di rifugiati è stata interpretata da alcuni osservatori come un dietrofront, un voltafaccia del governo federale. Berlino starebbe rinnegando le promesse di accoglienza che tanto avevano commosso (e sorpreso) l’Europa nelle ultime settimane. In realtà, dietro alla decisione del governo tedesco vi sono probabilmente ragioni di breve termine. Il primo motivo è meramente pratico. Nella sola giornata di sabato scorso sono arrivate a Monaco 12.202 persone, secondo le precise statistiche tedesche. Si tratta di dare accoglienza a queste persone e garantire loro ospitalità. In queste drammatiche circostanze, anche per l’innata capacità organizzativa tedesca l’impegno è notevole. Nel reintrodurre il controllo alle frontiere la cancelliera Angela Merkel vuole soprattutto aiutare a smaltire i primi arrivi sul territorio nazionale. Ciò detto, la scelta è stata indotta anche dalle proteste di molti Länder, oberati dagli arrivi. “Non è solo una questione di numeri – ha detto a Der Tagesspiegel Sigmar Gabriel, il vice cancelliere socialdemocratico –. Il problema è anche la velocità con la quale arrivano le persone”. La conservatrice Frankfurter Allgemeine Zeitung ha pubblicato la settimana scorsa un articolo critico delle scelte governative, in assenza di un controllo efficace delle frontiere esterne dell’Unione. Le critiche hanno colpito la cancelliera democristiana, ma non vi sono per ora segnali di una svolta nell’accoglienza dei profughi, anche perché la scelta di accettare rifugiati non è solo umanitaria, è anche strategica: rispondere alla carenza di manodopera e all’invecchiamento della popolazione. Lo stesso portavoce del governo Steffen Seibert ha detto ieri: “I rifugiati continueranno ad arrivare in Germania. Speriamo che ciò possa avvenire in modo più ordinato e in un contesto europeo in cui tutti i governi dimostrano solidarietà”. In questo senso, dietro alla scelta tedesca di reintrodurre temporaneamente il controllo d’identità alle frontiere si nasconde il negoziato diplomatico in corso. Da qui all’8 ottobre, i ministri degli Interni vogliono trovare un accordo sul pacchetto di misure proposte dalla Commissione europea che prevedono tra le altre cose il ricollocamento in tutta Europa di 120mila rifugiati arrivati in Italia, Grecia e Ungheria. Berlino vuole mettere sotto pressione i paesi dell’Est più refrattari all’idea di quote obbligatorie nella redistribuzione dei rifugiati. Nel frenare i flussi, la Germania sta costringendo i migranti a restare in Ungheria, in Slovacchia o nella Repubblica Ceca, tutti paesi che non vogliono un ricollocamento vincolante, ma che in queste circostanze potrebbero ammorbidire le loro posizioni. Infine, nel sospendere le regole di Schengen, Berlino sta anche mettendo in dubbio la libera circolazione delle persone che ad Est è un dato acquisito molto apprezzato. Anche in questo caso, il tentativo è di costringere i partner orientali ad accettare la soluzione proposta dalla Commissione europea di una redistribuzione vincolante dei richiedenti l’asilo, condizionata alla presenza di centri di accoglienza nei paesi alla periferia dell’Unione. In questo senso, le pressioni tedesche sono rivolte anche a un governo italiano che sugli hotspots sembra trascinare i piedi.
(Nella foto, il ministro degli Interni tedesco Thomas de Maizière ha annunciato domenica 13 settembre la reintroduzione dei controlli alle frontiere tedesche)