Sarà un negoziato difficile quello che i Ventotto stanno iniziando in questi giorni sulle proposte della Commissione europea per meglio gestire l’arrivo di migliaia di migranti nel Mediterraneo centrale. La speranza è di giungere a un accordo alla prossima riunione dei ministri degli Interni, a metà giugno. Il gruppo dei paesi favorevoli all’iniziativa comprende Germania e Italia, un blocco che può raggruppare intorno a sé la necessaria maggioranza qualificata. Il pacchetto presentato la settimana scorsa dalla Commissione europea prevede su un periodo di 24 mesi la ricollocazione su tutto il territorio europeo di 40mila persone arrivate in Italia o in Grecia dal 15 aprile scorso. Il meccanismo di ridistribuzione dei profughi in cerca di asilo è obbligatorio. Esentati dalla ricollocazione sono l’Irlanda, la Gran Bretagna e la Danimarca, tre stati membri che godono di una clausola di esenzione in materia di giustizia e affari interni. Secondo le informazioni raccolte qui a Bruxelles, le prime discussioni hanno fatto emergere tre gruppi. Del primo gruppo fanno parte gli stati favorevoli, tra i quali la Germania, l’Italia, la Svezia, l’Austria, la Grecia. Dopo aver rumoreggiato contro l’idea di quote, Parigi ha lasciato intendere che il meccanismo è accettabile perché sottolinea che le persone accolte sono bisognose di protezione internazionale, un aspetto che non lascia indifferente il paese della Dichiarazione dei diritti dell’Uomo. In un comunicato, il ministro degli Interni Bernard Cazeneuve ha spiegato mercoledì che la Francia è pronta ad approvare un sistema che sia “solidale” e “responsabile”. Ha messo l’accento più sulla necessità di garantire il controllo degli asilanti in arrivo che sul meccanismo di ripartizione tra paesi. Nel secondo gruppo, vi sono molti stati dell’Est Europa, contrari alla proposta perché impone l’obbligatorietà della ridistribuzione allorché nel vertice di aprile i Ventotto si erano messi d’accordo su una ricollocazione volontaria. Da segnalare che tra i paesi dell’Est vi è il caso della Bulgaria, anch’essa alle prese con arrivi massicci di profughi e che chiede di essere inclusa con Italia e Grecia tra i paesi che dovranno beneficiare della ridistribuzione di asilanti. Al terzo gruppo, infine, appartengono Spagna e Portogallo, che criticano i criteri scelti per suddividere le 40mila persone da ridistribuire nell’Unione. I parametri sono il prodotto interno lordo, la popolazione, il tasso di disoccupazione, il ruolo passato nell’accogliere i rifugiati. Ciascun criterio avrà un peso relativo nella formula: rispettivamente del 40, 40, 10 e 10%. Spiega un diplomatico: “La Spagna considera che non viene preso sufficientemente in considerazione quanto ha fatto finora nell’accogliere coloro che arrivano attraverso lo stretto di Gibilterra. Il Portogallo sostiene che i criteri le attribuiscono un numero elevato di asilanti rispetto alla grandezza della sua economia”. Nei negoziati, tedeschi e italiani vorranno probabilmente convincere Madrid e Lisbona. Le trattative riguarderanno in particolare il carattere obbligatorio della ridistribuzione e i criteri scelti dalla Commissione. Alcuni diplomatici si aspettano che proprio l’obbligatorietà della ricollocazione verrà rimessa in forse. Altri sono convinti che questo aspetto verrà salvaguardato, anche perché serve a compensare la cessione di sovranità subita da Italia e Grecia che dovranno consentire ai loro partner di partecipare in loco con propri funzionari all’identificazione degli asilanti. E’ da precisare che il piano della Commissione prevede che lo stato membro possa rifiutare la ricollocazione sul suo territorio, se vi sono “preoccupazioni di ordine pubblico”. La proposta di Bruxelles è innovativa perché prevede che l’immigrazione venga gestita con una politica europea piuttosto che con politiche nazionali, e rimette in discussione il Principio di Dublino, che oggi dà al paese di primo sbarco l’obbligo di accogliere l’asilante. Nella partita negoziale, che potrebbe richiedere l’intervento dei capi di stato e di governo nel vertice europeo di fine giugno, i paesi favorevoli al piano comunitario possono contare anche sull’appoggio di molti partiti nel Parlamento europeo.
(Nella foto, il presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi e il primo ministro francese Manuel Valls a Trento il 30 maggio scorso)