Nel chiedere nuovi risarcimenti a Berlino per danni di guerra, il governo guidato da Alexis Tsipras ha riaperto un contenzioso che tutti, in Germania e in Europa, speravano chiuso. L’esito della partita politica e legale è incerto. Nel frattempo tra informazioni parziali e dichiarazioni partigiane, il clima è pessimo. Ormai la Germania appare come il paese che ha approfittato della generosità dei suoi partner dopo la guerra e ha evitato di risarcire i numerosi paesi in cui l’esercito nazista aveva compiuto eccidi, razzie, saccheggi. È proprio così? A settant’anni dalla fine della guerra, la Germania continua a versare con straordinaria costanza risarcimenti e indennità. Ma andiamo per ordine. La Grecia è stata probabilmente tra i paesi che più hanno sofferto dell’occupazione nazista durante il conflitto. Sappiamo che nel 1953 alla Germania fu condonato parte del suo debito internazionale perché in piena Guerra Fredda gli Stati Uniti decisero che bisognava evitare di indebolire la Repubblica Federale, primo baluardo contro la minaccia sovietica. Successivamente, nel 1960, il governo tedesco versò alla Grecia 115 milioni di marchi a titolo di risarcimento per le “persecuzioni naziste”, rinviando qualsiasi altra decisione in materia al momento di una eventuale unificazione tedesca. Quando cadde il Muro, per paura di creare precedenti, Berlino considerò chiusa la vicenda, anche perché così l’aveva dichiarata lo stesso governo greco negli anni 60. Dal dibattito di questi giorni scaturisce una Germania egoista e insensibile al dramma vissuto dai suoi vicini. In realtà, pur cercando di difendere i suoi naturali interessi, il paese ha sempre tentato di affrontare a viso aperto le sue colpe morali. Non solo tra il 1947 e il 1989, il governo federale tedesco versò risarcimenti ai paesi vittime del Nazismo per un totale di 35 miliardi di dollari, ma ancora appena 15 anni fa il paese creò un nuovo fondo, questa volta per risarcire i lavoratori coatti, utilizzati durante la guerra a man bassa dalla Wehrmacht così come da decine di aziende tedesche (e non solo tedesche: anche l’americana Ford fu tra queste, secondo un volume dello storico Max Wallace intitolato The American Axis: Henry Ford, Charles Lindbergh and the Rise of the Third Reich).Nata nel 2000 grazie a una legge del Bundestag, la Fondazione Memoria, Responsabilità, Futuro (Stiftung Erinnerung, Verantwortung, Zukunft) fu dotata di un patrimonio di 10,1 miliardi di marchi (5,2 miliardi di euro), metà proveniente dal governo federale, l’altra metà versata da 6.500 aziende private. Tra il 2001 e il 2007, 4,4 miliardi di euro sono stati distribuiti per indennizzare lavoratori coatti in tutta Europa, e in particolare in Europa dell’Est. In tutto, 1.665.000 persone in oltre 100 paesi hanno ricevuto risarcimenti secondo tre criteri: le condizioni di detenzione; la severità del lavoro coatto; l’eventualità di una qualche forma di deportazione. Le stesse autorità tedesche stimano che durante la guerra il regime nazista si avvalse del lavoro forzato di 8,5 milioni di civili. A questi risarcimenti, bisogna aggiungere che fra il 2000 e il 2013 la Fondazione EVZ ha finanziato 3.685 progetti per un totale di 95,6 milioni di euro. Tra questi progetti, case di riposo, ospedali, programmi di sostegno fisico e psicologico agli ex lavoratori forzati. Il capitale restante continua a essere messo a frutto e genera ogni anno reddito per circa otto milioni di euro che viene tuttora utilizzato per finanziare progetti legati al periodo nazista (328 nel solo 2013). Un ultimo dettaglio che dà la misura della serietà di una iniziativa che forse spiega, tra le altre cose, le ragioni del malumore tedesco nei confronti delle accuse greche di queste settimane. La Fondazione EVZ è gestita da un consiglio direttivo di 27 membri nel quale sono rappresentati le principali istituzioni tedesche, molti paesi vittime del Nazismo (da Israele alla Russia, dall’Ucraina alla Polonia), così come l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati.
(Nella foto, un lavoratore forzato nel 1944 in uno stabilimento specializzato nella produzione di munizioni vicino a Dachau, in Baviera)