La presidenza italiana dell’Unione Europea volge al termine – iniziata il 1° luglio, si concluderà alla fine dell’anno – e una prima valutazione è lecita. Prima di tutto, è bene sgombrare il campo da un equivoco. Il governo che presiede l’Unione non ha poteri particolari. Dare giudizi perentori, di approvazione o di bocciatura, non ha senso. La presidenza semestrale eredita dossier in corso, e presenta nuove iniziative, ma difficilmente può dirsi pienamente responsabile di eventuali successi o di eventuali fallimenti. Il paese-presidente è più che altro per appena sei mesi un maestro di cerimonie, una specie di Lord Chamberlain europeo, tanto più in un momento di transizione istituzionale. L’autunno è stato dedicato a un cambio di Commissione. Ciò detto, in alcuni campi nell’ultimo semestre l’Italia è riuscita nel suo intento di imprimere cambiamenti nella direzione dell’Unione, in particolare la politica economica e l’immigrazione clandestina. Sul primo fronte, il governo ha messo l’accento sull’importanza di rilanciare l’economia per evitare una grave deflazione, rivedendo l’urgenza del risanamento di bilancio e cavalcando la necessità di nuovi investimenti. Se oggi in Europa si parla di “fiscal responsibility” (responsabilità di bilancio) piuttosto che di “fiscal consolidation” (consolidamento di bilancio) è anche perché l’Italia ha fatto pressione in questo senso, trovando sponde sensibili anche presso il nuovo presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker. La stampa si concentra sulla battaglia un po’ fine a se stessa del premier Matteo Renzi di dedurre gli investimenti dal calcolo del deficit pubblico. Più importante per l’Italia e per l’Europa è stato di rivedere le priorità di politica economica della zona euro. Sul versante dell’immigrazione, l’Italia è riuscita a imporre ai partner di guardare al problema dell’arrivo di migranti clandestini in Europa non più come a una emergenza ma come a un dato di fatto, una crisi duratura da gestire con interventi strutturali. La nascita di Triton, una nuova collaborazione tra 21 paesi per meglio controllare le frontiere nel Mediterraneo centrale, è il risultato più concreto, tanto più che dovrebbe portare – almeno nelle speranze del governo – allo smantellamento dell’operazione italiana Mare Nostrum nello stesso specchio di mare. La Commissione Juncker ha promesso che presenterà proposte legislative in questo campo nel 2015, nel tentativo di rafforzare la solidarietà tra i paesi membri così come il coordinamento tra l’Unione e i paesi terzi. Così come per la politica economica, il governo dovrà dimostrare ora coerenza, continuità e costanza. Passando alla politica estera, durante il semestre di presidenza l’Italia è riuscita a mantenere la coesione tra i Ventotto nel gestire la difficile crisi ucraina. Il Consiglio affari esteri è l’unica formazione ministeriale non presieduta dal governo-presidente, ma dall’Alto Rappresentante per la Politica estera e di Sicurezza. In luglio, tuttavia, la decisione di adottare sanzioni economiche contro la Russia è stata presa dai rappresentanti permanenti dei Ventotto a Bruxelles riuniti nel Coreper, un organismo che in questi sei mesi è stato presieduto dall’Italia. Le misure sono tuttora controverse, ma il merito del paese è stato di riuscire a mantenere una coesione tra coloro che insistevano per sanzionare la Russia, accusata di ingerenze in Ucraina, e coloro contrari a misure troppo draconiane. Una valutazione del semestre di presidenza non può esimersi dal prendere in considerazione anche le evidenti sconfitte. Tra queste il fallimento nella trattativa per imporre etichette di provenienza per i prodotti non alimentari. L’industria italiana sta dando battaglia da mesi su questo fronte, fosse solo per lottare contro la deriva della contraffazione, ma la diplomazia italiana non è riuscita a convincere i partner più reticenti, e per ora l’iniziativa rimane lettera morta. In buona sostanza, il bicchiere europeo dell’Italia è mezzo pieno piuttosto che mezzo vuoto. Un neo riguarda la comunicazione. Quella politica del governo, o meglio del premier, si è dimostrata estemporanea, improvvisata, in alcuni casi inutilmente aggressiva nei confronti dell’establishment europeo sui temi di politica economica. Una comunicazione che la stampa ha colpevolmente teatralizzato, e che probabilmente ha reso più difficile il lavoro della diplomazia italiana a Bruxelles e nelle capitali dei Ventotto.
(Nella foto, una opera dell’artista Michelangelo Pistoletto, che ha decorato negli ultimi mesi mesi l’atrio d’ingresso della sede del Consiglio europeo a Bruxelles)