VILNIUS – La torre di Gedimino a Vilnius continua a essere una delle mete preferite dei turisti. Salita la collina di 57 metri dietro alla cattedrale, a piedi o in funicolare, il visitatore apprezza la città ai suoi piedi, individua i campanili barocchi, i vecchi condomini squadrati di acciaio e cemento di stampo sovietico, e anche i primi grattacieli moderni. Una scritta ricorda che il luogo è stato teatro di duri scontri quando i crociati arrivarono in città per convertire i lituani pagani al cristianesimo. La parola crociati non è banale. A sette secoli di distanza, il cattolicesimo continua a essere un segno distintivo del piccolo Paese baltico.
Da settimane la scelta di
organizzare una marcia dell'orgoglio omossessuale a Vilnius sta
occupando le prime pagine dei giornali e le aule dei tribunali.
L'iniziativa di Vladimiras Simonko, il giovane presidente della Lega
omosessuale lituana, ha scatenato le proteste dell'opinione pubblica, in
maggioranza contraria alla manifestazione. Imbarazzata dalla reazione
popolare, l'amministrazione comunale di Vilnius vorrebbe se non
ostacolare l'organizzazione del corteo, almeno deviarne il corso su una
via secondaria della città, pur di evitare l'uso del viale Gedimino, la
lunga arteria del centro cittadino.
Il sindaco di Vilnius è un uomo
di 45 anni, imprenditore di se stesso. Da giornalista, Arturas Zuokas,
ha seguito in prima persona la guerra in Irak negli anni Novanta. E oggi
non esita quando necessario a usare le armi, in senso proprio. Nel 2011
ha affittato un vecchio BTR-60, un veicolo corrazzato per il trasporto
truppe di produzione sovietica, con il quale ha distrutto una automobile
che a Vilnius aveva avuto la malaugurata idea di occupare un parcheggio
per biciclette. «La controversa relativa al corteo non riguarda
l'omosessualità o la diversità sessuale – spiega –, ma come gli
organizzatori stanno cavalcando la vicenda, in modo aggressivo».
Secondo
Zuokas, gli organizzatori non sono sufficientemente rispettosi delle
sensibilità della popolazione lituana, al 60% contraria alla marcia
prevista per sabato 27 luglio. «Stanno promuovendo l'idea della
tolleranza in modo troppo controverso», ribadisce il sindaco. Qualche
giorno fa, una corte ha dato ragione agli organizzatori, e chiesto al
comune di concedere l'autorizzazione affinché il corteo possa
attraversare il centro storico della capitale lituana, piuttosto che
camminare lungo le rive del fiume Neris. «È stato sancito il diritto di
tutti i cittadini di Vilnius a usare il viale Gedimino», ha dichiarato
Simonko. La città ha deciso di fare appello.
A differenza dei suoi
vicini baltici, Estonia e Lettonia che sono protestanti, la Lituania è
cattolica da quando, nel 1386, il granduca di Lituania Jogaila sposò la
principessa di Polonia Edvige, favorendo la nascita di una unione
polacca-lituana. Come una fisarmonica, il Paese è stato di volta in
volta diviso tra la Polonia, la Russia e la Germania, attraversato da
Est a Ovest, e da Ovest a Est. Stendhal, che accompagna Napoleone nella
campagna di Russia, si ferma a Vilnius nel dicembre 1812 con l'esercito
francese. Dalla città scriverà alla sorella una lettera in cui
racconterà di avere perso tutto durante la drammatica ritirata delle
truppe napoleoniche.
In un'Europa sempre multiforme per come affronta
i grandi cambiamenti sociali, la Lituania appare curiosamente più
vicina all'Italia (o alla Russia) che alla Francia. L'unione con la
Polonia ha lasciato in eredità tra le altre cose l'articolo 38 della
Costituzione: «Il matrimonio è basato sul libero consenso di un uomo e
di una donna». Riferendosi al corteo gay, il comune ha parlato
«dell'alta probabilità di incidenti e di minacce alla tranquillità
pubblica, alla sicurezza morale». Già nel 2010, i gay lituani avevano
manifestato a Vilnius, ma tra poliziotti in assetto di guerra e le
proteste di molti oppositori.
Secondo un rapporto pubblicato in
maggio dall'Agenzia dei diritti fondamentali dell'Unione europea, il 61%
delle persone interpellate in Lituania si è sentito discriminato negli
ultimi 12 mesi a causa del suo orientamento sessuale. La media europea è
del 47%, la percentuale in Italia del 54, in Francia del 41. Tra i
Paesi europei, quelli dell'Est sono in cima alla classifica, in
particolare la Polonia e l'Ungheria. «Chi è contrario al corteo è
contrario alla manifestazione pubblica della propria vita intima, che
sia omosessuale o eterosessuale», spiega Valentinas Mazuronis, il 59enne
ministro dell'Ambiente nel governo di centro sinistra.
Da anni
ormai la Lituania è oggetto di pressioni perché fughi qualsiasi dubbio
di discriminazione nei confronti degli omosessuali. Le trattative che
hanno portato nel 2004 all'ingresso del piccolo Paese baltico
nell'Unione hanno riguardato anche l'aspetto sorprendente dei diritti
fondamentali. Sorprendente perché la Lituania – insieme all'Estonia e
alla Lettonia – ha lottato con accanimento per strappare l'indipendenza
dall'Unione Sovietica. Nel 1989, due milioni di persone organizzarono
una memorabile catena umana di oltre 600 chilometri tra Vilnius, Riga e
Tallin per ricordare il patto Molotov-Ribentropp.
Sia il sindaco
Zuokas che il ministro Mazuronis imputano l'atteggiamento della
maggioranza dei lituani alle radici cattoliche del Paese baltico, più
che al passato sovietico, anche se notano che l'omosessualità è stata
depenalizzata solo nel 1993, dopo l'indipendenza da Mosca. Il partito
che rappresenta la minoranza polacca ha appena presentato un disegno di
legge che limiterebbe l'aborto solo nel caso di violenza sessuale. Nel
contempo, una cinquantina di deputati ha appoggiato l'iniziativa di
Petras Grazulis, che vuole punire qualsiasi promozione
dell'omosessualità. Nei due casi, la Lituania – paradossalmente – imita
il (temuto) vicino russo.
La forza delle radici cattoliche è anche il
riflesso di un Paese geloso delle proprie tradizioni, stretto tra due
potenze storicamente dominatrici, la Polonia e la Russia. La vicenda
tuttavia ha infastidito non poco il governo Butkevicius, che ha appena
assunto la presidenza semestrale dell'Unione. «Vogliamo dare spazio a
tutte le opinioni – assicura Vytautas Leskevicius, il 43enne vice
ministro degli Esteri –. Checché se ne pensi, stiamo seguendo l'esempio
dei Paesi nordici. I cambiamenti sociali che stiamo affrontando sono
incredibilmente rapidi». E aggiunge riferendosi a Dalia Grybauskaite.:
«In quanti Paesi europei c'è una donna presidente della Repubblica?». B.R.