A Bruxelles non si nasconde la preoccupazione per il modo in cui l’Italia sta discutendo pubblicamente in campagna elettorale il proprio futuro di politica economica. Diceva qualche giorno fa un esponente dell’entourage del presidente della Commissione José Manuel Barroso: “Non bisogna dimenticare che appena un anno fa il paese era veramente sull’orlo dell’abisso. I rischi di una catastrofe sui mercati erano elevatissimi”. A dire il vero, visto da fuori, il dibattito italiano sorprende. Non solo molti partiti vogliono rivedere le misure adottate dal governo di Mario Monti, ma lo stesso presidente del consiglio è criticato per alcune sue scelte, a cominciare dalla decisione di aumentare (drasticamente) le tasse sulle proprietà immobiliari pur di ridurre rapidamente il disavanzo di bilancio e tranquillizzare gli investitori. Il presidente del Partito della Libertà Silvio Berlusconi ha annunciato che se verrà rieletto abolirà l’IMU (l’imposta municipale unica). A Bruxelles prima di Natale, il segretario del Partito democratico Pier Luigi Bersani ha spiegato: "Abbiamo il nostro modo: non vogliamo smontare nessuna delle riforme fatte dal governo Monti ma, qualche verifica dell'implementazione e qualche correzione degli effetti ci vorrà". Il leader protestatario del Movimento Cinque Stelle, Beppe Grillo, accreditato nei sondaggi con il 13% dei suffragi, critica aspramente le scelte di politica economica degli ultimi mesi, definendo Monti "un curatore fallimentare" che "deve sparire". Le campagne elettorali inducono i leader politici a fare la voce grossa, e ad annunciare promesse che spesso non verranno mantenute. Eppure, il dibattito italiano preoccupa l’establishment europeo, che non ha dimenticato gli avvenimenti di fine 2011. Una breve carrelata degli eventi di quei mesi può essere utile.
A metà del 2011 la situazione sui mercati finanziari è particolarmente tesa. A preoccupare non sono più i bilanci bancari, ma i bilanci sovrani. Il governo Berlusconi presenta il 30 giugno un piano di
risanamento 2011-2014 pari a 47 miliardi di euro, ma le misure non convincono
gli investitori internazionali, sempre molto nervosi anche per via di una
maggioranza litigiosa e di un premier impelagato in varie vicende giudiziarie. Il 5
agosto, per la prima volta, il premio di rischio sul debito italiano supera
quello spagnolo. Qualche giorno dopo si viene a sapere di una lettera della Banca centrale europea inviata a Roma e a
Madrid con la quale il presidente Jean-Claude Trichet esorta i due governi a
rimettere ordine nelle economie italiana e spagnola, sottolineando la gravità del momento. Intanto, si inanellano le cattive notizie: il 6 settembre uno
sciopero generale blocca il paese; qualche giorno dopo lo spread tra Bund
tedeschi e BTp italiani supera i 400 punti base; il 20 settembre Standard &
Poor’s riduce il rating italiano (seguita da Moody's il 4 ottobre). A
metà settembre, Berlusconi si reca a Strasburgo per presentare le ultime misure
di politica economica al presidente della Commissione José Manuel Barroso, ma
il premier è accusato di avere organizzato l’incontro solo per evitare una
convocazione giudiziaria. Il governo italiano ottiene un voto di
fiducia il 14 ottobre, ma per l’esecutivo è solo un sollievo temporaneo. Il 1 novembre
la Borsa di Milano perde il 6,8% sulla scia di voci di referendum in
Grecia sulla permanenza del paese nella zona euro. Qualche giorno dopo, durante un vertice del G20 a
Cannes, alcuni partner insistono perché l’Italia chieda il sostegno del Fondo
monetario internazionale. Il governo italiano accetta di essere posto sotto il controllo dell'FMI. Per tutta risposta, lo spread tra titoli italiani e
obbligazioni tedesche supera i 500 punti, mentre la Commissione Europea invia al governo italiano una tanto lunga quanto insolita richiesta di informazioni sulle strategie di politica economica dell'Italia (39 domande, 5 pagine). A rischio è la credibilità del paese e la sopravvivenza della zona euro, tanto che il 10 novembre il capo dello Stato Giorgio Napolitano è costretto a chiamare il presidente americano Barack Obama per illustrargli la situazione e tranquillizzarlo. Finalmente, il 12 novembre Berlusconi si
dimette, e alla guida del governo è nominato Mario Monti. Gradualmente l'atteggiamento dei mercati nei confronti dell'Italia è migliorato, grazie alla promessa della BCE "di fare tutto il necessario per salvare la zona euro", ma anche per via di una politica economica più convincente. Alla fine del 2012, lo spread italo-tedesco oscillava intorno ai 320 punti, mentre la Borsa di Milano ha chiuso l'anno scorso in rialzo del 9,8% dopo un calo del 25% nel 2011. E' sorprendente se oggi a Bruxelles molti siano preoccupati dalla memoria corta italiana?
(Nella foto, Angela Merkel, Nicolas Sarkozy, Silvio Berlusconi, e una quarta persona non riconoscibile durante i colloqui del G20 di Cannes nel novembre 2011)
NB: Dal fronte di Bruxelles (ex GermaniE) è anche su Facebook