A pochi giorni da una serie di riunioni europee – prima un Ecofin dei ministri delle Finanze e poi un summit dei capi di stato e di governo – per discutere di vigilanza unica e riforma della zona euro la cautela prevale. La calma relativa sui mercati nelle ultime settimane ha raffreddato in qualche modo la volontà dei Paesi di riformare l'unione monetaria, e anche in alcuni casi indotto i governi a rivedere l'impegno a rafforzare la loro economia.
La
tesi circola con insistenza qui a Bruxelles. Gli investitori
internazionali non stanno più tenendo i governi sulle spine, come
avveniva in agosto. I Paesi più deboli hanno assistito a un netto calo
dei rendimenti obbligazionari. Il divario tra i tassi tedeschi e quelli
spagnoli è sceso da circa 670 a 420 punti base, quello tra i tassi
tedeschi e quelli italiani da circa 530 a 320 punti base. La
disponibilità della Banca centrale europea ad agire per calmare i mercati finanziari ha
fatto miracoli.
Aprendo a un condono, lo stesso accordo sul debito
greco raggiunto la settimana scorsa ha avuto l'effetto di
tranquillizzare gli investitori sulla sopravvivenza della zona euro.
Riferendosi al ruolo della Bce, Richard Barwell e Xinying Chen, due
economisti della Royal Bank of Scotland, notano che la presa di
posizione della banca «ha trascinato i rendimenti obbligazionari così in
basso che i governi non vedono il vantaggio di firmare un memorandum di
intesa» per ricevere il sostegno europeo.
Lo sguardo corre al
governo Rajoy, ma non solo. In alcuni Paesi, la calma ha indotto i
governi a rinviare alcune misure economiche o annacquare alcune riforme
strutturali. La stessa scelta di dare più tempo per risanare i conti
pubblici è un'arma a doppio taglio. Due giorni fa il ministro delle
Finanze spagnolo Luis de Guindos ha chiesto alla Commissione di rivedere
l'obiettivo di bilancio anche per il 2013 (oggi del 4,5% del Pil), dopo
che già è stato rivisto quello per il 2012.
A sorpresa la calma sui
mercati ha anche indotto i Paesi creditori a rivedere le loro priorità
nelle diverse partite aperte. La prima riguarda il bilancio europeo
2014-2020; la seconda è relativa al trasferimento della vigilanza
bancaria dagli Stati membri alla Bce; la terza concerne la riforma della
zona euro. «Il mio timore è che la calma relativa dei mercati stia
influenzando negativamente i negoziati sulla vigilanza bancaria», nota
Filippo Altissimo, capo economista del fondo d'investimento Tudor.
Secondo Altissimo, un accordo è ancora possibile la settimana prossima,
quando i ministri delle Finanze torneranno a riunirsi. «Il problema –
spiega – è che tipo di accordo si raggiungerà. L'impressione è che sarà
un'intesa al ribasso, un compromesso tra governi restii ad abbandonare
la sovranità sulle loro banche e meno preoccupati di prima della
necessità di spezzare rapidamente il circolo vizioso tra bilanci bancari
e bilancio sovrano».
Anche sul versante di una riforma dell'unione
monetaria, in discussione al summit del 13-14 dicembre, l'idea di una
mutualizzazione dei debiti non è più contenuta nel rapporto del
presidente del consiglio europeo Herman Van Rompuy. Paradossalmente, c'è
da chiedersi se la crisi politica italiana, dagli esiti ancora incerti,
non possa causare quel rinnovato nervosismo dei mercati che rimette in
carreggiata i governi europei, diventando quasi un blessing in disguise,
un imprevedibile e tempestivo colpo di fortuna. B.R.