Niels Bohr, un matematico danese nato nel 1885, amava dire che “predire è molto difficile, soprattutto se riguarda il futuro”. La domanda di questi giorni è se Mario Draghi, l’attuale governatore della Banca d’Italia, riuscirà a diventare presidente della Banca centrale europea quando Jean-Claude Trichet lascerà l’incarico in ottobre. Il ragionamento di tutti coloro che bocciano perentoriamente questa possibilità è per molti versi convincente. Fanno notare che Draghi proviene da un paese il cui governo è screditato agli occhi di molti europei; che l’uomo ha lavorato in passato per Goldman Sachs, la stessa banca d’investimento che ha aiutato la Grecia a truccare i conti pubblici; che l’Italia è considerata da molti un paese inaffidabile, soprattutto in politica economica; e infine che lo stesso governo italiano potrebbe dare a Draghi un sostegno freddo e controproducente. Altri aggiungono che il banchiere centrale è “un peu flou”, come ha scritto un giornale francese, difficile da afferrare, forse perché costretto fin dalla nascita a navigare in un mondo italiano, ricco di tranelli e poco trasparente. Queste ragioni fanno pensare che mai la Germania darà il suo appoggio a Draghi. Capisco, ma rimango cautamente possibilista. Molti tedeschi ammettono che il governatore italiano ha dalla sua un’esperienza invidiabile. Il suo paese d’origine attraversa una fase difficile, ma l’uomo proviene da un’istituzione, la Banca d’Italia, che in Germania gode di stima e rispetto. Se l’Italia è riuscita a entrare nella zona euro alla fine degli anni 90 è perché molti diplomatici di carriera, funzionari dello stato e banchieri centrali sono riusciti – grazie alla loro credibilità personale – a convincere l’establishment tedesco a guardare oltre una classe politica spesso litigiosa e inconcludente. Draghi, direttore del Tesoro dal 1990 al 2000, è tra questi. Non sorprende che nei mesi scorsi abbia ricevuto in via informale l’appoggio di Horst Köhler quando quest'ultimo era ancora presidente della Repubblica.
Non mi è chiaro quanto la Germania voglia a tutti i costi un presidente tedesco alla BCE. Nelle organizzazioni internazionali, il governo del cancelliere Angela Merkel ha dimostrato in questi anni di puntare agli snodi decisionali, piuttosto che al vertice istituzionale. In cuor suo, l’establishment sa perfettamente che il presidente della BCE avrà per natura un’attenzione tutta particolare per la Germania. In questo momento non sembra che il governo tedesco abbia un proprio candidato da opporre a Draghi, dopo l’improvvisa uscita di scena di Axel Weber che si è dimesso dalla Bundesbank. Circola naturalmente l’idea di un candidato di compromesso, proveniente da un paese piccolo: un finlandese o un lussemburghese. L’Europa ha fatto questa scelta tante volte. Ma quando ho parlato di questa possibilità nei giorni scorsi a un alto funzionario tedesco, l’uomo ha rivolto lo sguardo al cielo, sconsolato. L’arrivo di Herman van Rompuy alla presidenza del consiglio europeo ha provocato dubbi a Berlino e a Francoforte. L’uomo politico belga era stato scelto perché sarebbe rimasto nell’ombra e avrebbe permesso ai governi nazionali di agire liberamente. Oggi però appare troppo debole, spesso in conflitto con il presidente della Commissione Europea José Manuel Barroso, incapace di prendere le redini del dibattito quando Francia e Germania hanno trovato un primo possibile compromesso. Insomma, per ora si è rivelato troppo simile a un Jacques Santer, troppo diverso da un Jacques Delors. La Germania e l’Europa vorranno commettere lo stesso errore nel scegliere il prossimo presidente della BCE in piena crisi debitoria? Tutto è possibile. Non basta che il governo tedesco sia convinto delle capacità di Draghi. Bisogna anche che lo possa “vendere” alla propria pubblica opinione. Non è semplice, in un anno di elezioni regionali. L’esperienza a Goldman Sachs e la provenienza da un paese fragile sono due caratteristiche che potrebbero essere facilmente usate dalla classe politica tedesca in una vena populistica. Se Mario Draghi vuole diventare il prossimo presidente della BCE deve assicurarsi the hearts and minds dei tedeschi, come dicono gli inglesi. In altre parole deve convincerli con la ragione e le emozioni. Non basta incontrare gli esponenti politici che prenderanno la decisione, deve anche rivolgersi alla pubblica opinione. In autunno Draghi partecipò a Parigi a una riunione dell'Académie des Sciences Morales et Politiques, di cui è diventato membro recentemente lo stesso Trichet. Vi pronunciò un discorso a porte chiuse, davanti al Tout Paris, alla Parigi che conta. Fu un’occasione per fare dimenticare a molti francesi la sua esperienza a Goldman Sachs, che tanti considerano imbarazzante.
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(Nella foto tratta da Internet il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi, 63 anni)