Dovrebbe essere questione di ore. L’Irlanda, in preda a una grave crisi creditizia, sarà probabilmente costretta ad accettare una qualche forma di aiuto finanziario. Ma i tentennamenti di questi ultimi giorni saltano agli occhi, nonostante la tempesta sui mercati e il rischio dei fallimenti bancari. Dietro ai dubbi irlandesi vi è certamente un mero calcolo economico. Oggi le istituzioni finanziarie del paese possono approfittare della liquidità a buon mercato messa a disposizione dalla Banca centrale europea. Un prestito internazionale verrebbe certamente a costare di più al governo e quindi ai suoi contribuenti. Si voterà al più tardi nel 2012 e il governo di centro-destra ed ecologista del primo ministro Brian Cowen non vuole essere ricordato come colui che ha imposto un salasso al paese. Ma dietro alla posizione di Dublino vi sono probabilmente fattori più profondi, legati alla storia dell’Irlanda. Accettare un prestito internazionale equivale a un imbarazzante abbandono di sovranità. Dominato per secoli dalla potenza britannica, il paese è sovrano solo dal 1921, dopo una guerra d'indipendenza politica e religiosa. Già in occasione del referendum sul Trattato di Lisbona nel 2008 il No irlandese aveva avuto una forte connotazione nazionalistica.
In un articolo pubblicato dall’Institut européen des relations internationales a Bruxelles, un autore di nome Spectator ricordava due anni fa che “lo spazio culturale” degli irlandesi “non è quello dell’Europa, ma di una landa marittima proiettata verso l’Atlantico”. Spiegava che l’Irlanda, sovrana da meno di un secolo, è una specie di stato balcanico del Nord, segnato da forti radici religiose e da un folclore ancestrale. A differenza di molti altri stati membri della zona euro, il paese è neutrale (non ha partecipato alla Seconda guerra mondiale, non appartiene alla Nato). E ha fatto della sua neutralità un vessillo da sbandierare, anche quando le circostanze forse non lo impongono: nel 1945 il primo ministro di allora Éamon de Valera (1882-1975), fautore dell’indipendenza dagli inglesi, presentò al chargé d’affaires tedesco a Dublino le sue formali condoglianze per la morte di Adolf Hitler. Il tentennamento irlandese dinanzi alle pressioni europee perché accetti aiuti finanziari non deve quindi sorprendere. Così come non deve sorprendere la freddezza con cui Dublino ha accolto l’offerta di aiuto della Gran Bretagna, l’ex potenza dominatrice, e la stessa firma inglese sotto alla dichiarazione di sostegno pubblicata dai principali paesi europei all'inizio del mese in Corea del Sud. Gli ultimi segnali indicano che Dublino dovrebbe accettare gli aiuti finanziari, ma c'è chi prevede un pacchetto nel quale la parte del leone verrà fatta dal Fondo monetario internazionale più che da singoli paesi europei. Ha detto il ministro del Commercio Batt O’Keefe: “La sovranità di questo paese è stata difficile da ottenere e questo governo non l’abbandonerà a chiunque”.
(Nelle foto, a destra Éamon de Valera, a sinistra Brian Cowen)