“Isteria” tedesca l’ha definita il governatore austriaco Ewald Nowotny. La crisi dell’euro, gli aiuti finanziari a favore dei paesi più deboli dell’Unione, l’acquisto di obbligazioni pubbliche da parte della Banca centrale europea hanno scatenato in Germania reazioni emotive. Il settimanale economico Wirtschaftswoche parla ormai di Weuro, dove la W sta per weich, molle, debole, sulla falsariga del Teuro di inizio decennio quando l’euro era teuer, caro a causa di un changeover un po’ costoso. Troppo spesso si fanno risalire le preoccupazioni tedesche alla semplice paura di un ritorno all’iperinflazione degli anni 20 (nella foto dei bambini che giocano con mazzette di banconote senza valore). Sì e no. Dietro ai timori dei tedeschi c’è di più. E’ vero: non c’è paese nel mondo che non abbia un rapporto così intenso e profondo con la propria moneta e la propria economia. Il Deutschemark è ritenuto lo strumento con il quale la Germania riuscì a risollevarsi nel secondo dopoguerra. Per molti tedeschi è stato fonte di orgoglio patriottico e prestigio nazionale tanto che oggi il 47% di loro vorrebbe il ritorno del marco. Ma alla radice della cultura della stabilità c’è anche altro. A differenza di altri popoli – come gli inglesi o i francesi – i tedeschi non amano i giochi d’azzardo, dove gran parte della scommessa dipende dal caso. Non scommettono sui cavalli, non hanno i bookmakers; il gioco del lotto è per molti versi un’eccezione.
Lo abbiamo visto quando si è trattato di salvare la Grecia: presa la decisione di aiutare il paese mediterraneo, bisognava giocare d’anticipo, mettendo sul tavolo una somma tale da indurre i mercati a indietreggiare e ad abbandonare la partita. Inconcepibile per chi non ama il poker. Il risultato è che l’intera operazione rischia di costare assai più cara. In questo c’è una vena luterana, ma soprattutto c’è un rapporto con il futuro molto particolare. Il tedesco rifugge l’incertezza: tutto deve essere il più prevedibile possibile. In Germania c’è una polizza assicurativa per ogni cosa: per coprirsi dai rischi di una causa giudiziaria o della possibilità che un viaggio aereo venga cancellato. Il futuro non è in grembo a Giove; è piuttosto uno spazio temporale che va modellato a fronte di un presente che è inevitabilmente sfuggente, inafferrabile. Mentre per molti italiani vale il carpe diem dei romani, i tedeschi si preoccupano del domani. La Germania preferisce investire più che consumare, risparmiare più che spendere, pianificare più che assaporare. E’ sbagliato? Non lo so. Ma certo si capisce meglio perché la crisi dell’euro non faccia dormire di notte molti tedeschi e perché la cultura della stabilità sia per loro così importante. Non è tanto o non è solo un problema di inflazione; è piuttosto una questione di stile di vita. Non per altro Goethe ha scritto: "Das erste steht uns frei, beim zweiten sind wir Knechte", che tradotto liberamente significa: "Solo il primo passo è libero; del secondo si è schiavi".