FRANCOFORTE – È un'idea ambiziosa, quasi fantascientifica, eppure potrebbe presto diventare realtà. Un gruppo di imprese, molte delle quali tedesche, sta discutendo della possibilità di costruire nel Sahara impianti di energia solare con i quali produrre elettricità per un'Europa in grave deficit energetico.
L'iniziativa
parte dal Club di Roma, un'associazione non governativa nata nel 1968 e
impegnatanel sensibilizzare l'opinione pubblica e l'establishment
politico ai temi sociali e ambientali. L'idea è stata fatta propria dal
gruppo tedesco Munich Re che ha organizzato per il 13 luglio un
incontro con una ventina di aziende, dalla Deutsche Bank alla Siemens,
da Eon a Rwe.
L'obiettivo è di valutare la fattibilità di un
progetto che a prima vista appare molto ambizioso: usare il sole
africano per soddisfare fino al 15% dei bisogni europei in energia.
L'operazione avrebbe un valore da qui al 2050 di 400 miliardi di euro,
secondo Munich Re, che da riassicuratore è in prima linea nel pagare le
conseguenze delle catastrofi legate ai cambiamenti ambientali.
«Vogliamo dare il via a un'iniziativa che potrebbe portare a misure
concrete entro due o tre anni», ha detto ieri Torsten Jeworrek, membro
del consiglio di gestione della società tedesca, parlando alla
Süddeutsche Zeitung. Ha aggiunto il portavoce di Deutsche Bank,
Christoph Blumenthal: «Siamo profondamente interessati a questo
progetto».
Mancano ancora i dettagli di un'operazione tutta ancora
da concretizzare, sia nei suoi aspetti tecnici che nelle sue
particolarità finanziarie. L'idea comunque è di avere entro la metà del
secolo una serie di impianti nell'Africa settentrionale,in particolare
nel deserto del Sahara, naturalmente da collegare via cavo sottomarino
con l'Europa.
Le centrali dovrebbero essere solari termiche: il
sole riscalderebbe acqua con la quale creare vapore e azionare turbine.
Attualmente la più grande centrale di questo tipo si trova in
California, nel deserto di Mojave. L'energia solare sta avendo grande
successo in molti paesi del mondo: rispetto ad altre fonti energetiche
tradizionali è più ecologica, anche se meno efficiente.
L'industria
ambientale tedesca è all'avanguardia a livello mondiale. Proprio di
recente, la società di consulenza d'impresa Roland Berger Strategy
Consultants ha pubblicato un rapporto in cui ha previsto che il settore
peserà per il 14% del prodotto interno lordo tedesco nel 2020, dall'8%
nel 2007 (si veda Il Sole 24 Ore del 2 giugno scorso).
Non
sorprende quindi se le imprese tedesche tentino di cavalcare per quanto
possibile l'esigenza di diversificare le fonti di energia e che siano
state avvicinate dal Club di Roma e in particolare da una fondazione
creata da alcuni membri della stessa associazione internazionale
chiamata Desertec. «Ci siamo fatti vivi noi con Munich Re», ha ammesso
ieri un suo portavoce.
Gli impianti potrebbero essere costruiti su
un territorio di circa 130 chilometri quadrati nel deserto nord
africano. In quale paese, ieri, non era dato sapere. Dei 400 miliardi
di euro necessari, 350 miliardi dovrebbero essere utilizzati per la
creazione delle centrali e 50 miliardi verrebbero investiti nei cavi
sottomarini e nel collegamento alla rete elettrica europea.
In un
documento pubblicato ieri, Munich Re non nasconde tutte le sfide
tecniche, politiche ed economiche di un progetto di questo tipo, ma
insiste sulla necessità di riflettervi seriamente. Hans
Müller-Steinhagen, direttore dell'istituto di termodinamica a
Stoccarda, è convinto che l'iniziativa permetterebbe all'Europa di
ridurre la quota totale di energia importata dal 70 al 45-50 per cento.
B.R.