C'era un tempo una Germania attentissima alla privacy, complice la dittatura nazista degli anni 30 e 40. Come poche altre Costituzioni, la Legge Fondamentale del 1949 mette l'accento sui diritti civili e sui limiti dell'intervento pubblico nella vita privata. Mentre in molti Paesi, tra cui l'Italia, le intercettazioni telefoniche sono permesse con una certa libertà, in Germania sono consentite soltanto in casi molto specifici. Modifiche alla legislazione, per combattere il terrorismo, sono state decise negli ultimi tempi, ma hanno provocato un acceso dibattito. Sorprende quindi scoprire che alcune aziende, in particolare Deutsche Telekom e Deutsche Bahn, hanno controllato i propri dipendenti in modo probabilmente indebito. Parlare di spionaggio a tappeto è forse esagerato, certo l'effetto ottico è pessimo. La società ferroviaria ha confessato nei giorni scorsi di avere controllato tra il 2002 e il 2003 170mila dei suoi 240mila dipendenti mettendo a confronto i loro indirizzi, numeri telefonici e coordinate bancarie con i dati dei circa 80mila fornitori della Deutsche Bahn.
Il presidente della società, Hartmut Mehdorn (nella foto tratta da Die Welt), ha spiegato che l'obiettivo era di controllare se alcuni dipendenti non fossero anche fornitori della società e quindi protagonisti di un grave conflitto di interessi. Il caso della Deutsche Telekom, scoppiato qualche mese fa, era leggermente diverso. La società telefonica ha ammesso di avere controllato nel 2005 le conversazioni dei propri dirigenti. Obiettivo: scoprire le talpe che davano notizie riservate alla stampa. Cosa è successo al culto tedesco per la privacy? Coinvolti in casi simili nei mesi scorsi sono stati anche Lidl e Lufthansa. Alcuni osservatori sostengono con molta malizia che dietro a queste vicende si nasconderebbero migliaia di agenti della polizia segreta della DDR, rimasti senza lavoro dopo l'unificazione. Di recente l'associazione federale dei detective tedeschi, la Bundesverband Deutscher Detektive, è stata costretta ad assicurare che tra i suoi associati nessuno è un ex membro della Stasi. In realtà, l'ipotesi più accreditata è che il rapporto tra lavoratore e azienda non sia più quello che era. Fino a una decina di anni fa, il dipendente lavorava a vita per una sola azienda. Oggi cambia lavoro più spesso e la sua lealtà nei confronti dell'impresa è scemata, tanto da provocare tensioni, sospetti e in ultima analisi i casi clamorosi di questi giorni, certamente facilitati da un'informatica che offre non pochi poteri.