Un’esperienza tedesca: vita pubblica e leader aristocratici

Qualche settimana fa il quotidiano Bild aveva un titolo provocatorio: "Abbiamo bisogno di un numero maggiore di aristocratici nella vita politica tedesca?". Il grande giornale  popolare faceva notare come tra i politici tedeschi ci siano molti rappresentanti di vecchie famiglie tedesche: il ministro della Difesa cristiano-sociale Karl-Theodor zu Guttenberg, il segretario di stato democristiano Eckart von Klaeden, il ministro degli Interni democristiano Thomas de Maizière, l'ex sindaco socialdemocratico di Amburgo Klaus von Dohnanyi, il parlamentare liberale Alexander Lambsdorff, e naturalmente l'ex presidente della Repubblica, Richard von Weizsäcker (nella foto tratta da Internet). Richard von Weizsaecker Tutti sono ritenuti competenti, equilibrati e onesti. Bild si è scoperta una nuova vena filomonarchica? mi sono chiesto un po' sorpreso. Tra il serio e l'ironico l'autore dell'articolo si interrogava se per caso queste personalità non abbiano un carisma famigliare, una particolare competenza dovuta al loro lignaggio. La risposta era chiara: "Non bisogna essere un nobile per essere un buon politico; è sufficiente essere come Guttenberg", l'uomo politico più noto di Germania. Sollevato da un quotidiano popolare, visceralmente conservatore ma anche radicato nella cultura democratica del dopoguerra, il tema dell'articolo mi ha dato da pensare. È vero che nella politica tedesca non mancano i rappresentanti di vecchie famiglie aristocratiche. Non ho alcuna classifica a disposizione, ma non sarei sorpreso se ve ne fossero più che in Italia, almeno nelle posizioni di responsabilità.

La sconfitta nel 1945 e l'arrivo della democrazia hanno modificato radicalmente la società tedesca. All'indomani della disfatta, nessuno era rimasto immune dalle distruzioni della guerra. Molte famiglie ricche e povere, aristocratiche e borghesi hanno perso per sempre appartamenti, case, fabbriche, castelli e terreni. Qualche anno fa un amico, giornalista a Die Welt, mi raccontava che prima del conflitto la sua famiglia era proprietaria di un grande maniero in Sassonia. Con la divisione della Germania e l'arrivo del comunismo nella DDR, tutto andò perduto. Al momento dell'unificazione del 1990 la famiglia si chiese se valesse la pena tentare di recuperarlo. I suoi famigliari decisero con saggezza di guardare al futuro. Così dovettero fare i milioni di tedeschi che fuggirono dinanzi all'avanzata dell'Armata Rossa nei territori orientali del Reich. Poco importa se il titolo nobiliare può fare parte integrante del cognome (in Italia è stato abolito dalla Costituzione): nella Germania del dopoguerra le differenze sociali si sono appiattite. Molti rappresentanti di famiglie aristocratiche si sono rimboccati le maniche, partecipando in prima persona alla ricostruzione del paese con un innato sentimento di amor patrio e unità nazionale. Per molti di loro, impegnati nella carriera militare, la disfatta di Hitler – giunta dopo la fine del Reich nel 1918 - era anche uno smacco personale che andava archiviato il più presto possibile. In Italia purtroppo la sconfitta-tradimento del 1943, la guerra civile del 1944-1945, il referendum sul futuro della monarchia nel 1946 hanno lasciato brutte cicatrici, che si sono aggiunte a un'unificazione del 1861 che una fetta della nobiltà aveva osteggiato. Alcune famiglie aristocratiche hanno abbracciato la funzione pubblica, altre sono emigrate, molte si sono isolate nelle loro proprietà limitandosi alla coltivazione di vino e di olio, e lasciando il ruolo di élite ad altri. La vita pubblica ha attirato ben pochi di loro, forse anche perché spesso demagogicamente derisi.  E' il riflesso di una unità nazionale poco riuscita e di una politica ritenuta un'attività poco nobile? La lezione proveniente dalla Germania farebbe pensare di sì. Per molti versi, l'articolo di Bild, anche se di divertissement si tratta, è lo specchio di una straordinaria maturità politica.

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  • Max |

    Mi domando se sia una delle conseguenze di un certo allontanamento che la società civile, anche in Germania, sta avvertendo nei confronti della classe politica: un inconscio affidarsi ad una classe di “aristoi”, che si suppone essere colta ed al di sopra delle parti, quindi adatta a governare.
    Solo una puntualizzazione: la nobiltà fu formalmente abolita in Germania – e con essa anche certi appellativi nel linguaggio – dopo il crollo del Reich alla fine della I guerra mondiale e la costituzione della repubblica nel 1919.

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